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Le infezioni ospedaliere neonatali sono un problema. La SIN (Società Italiana di Neonatologia) si è posta negli ultimi anni l’obiettivo di diffondere pratiche cliniche di provata efficacia per prevenire l’insorgenza delle sepsi ospedaliere nei neonati ricoverati nelle terapie intensive italiane, una grave patologia, che costituisce ancora la seconda causa di morte nei neonati fra le 22 e le 40 settimane di età gestazionale. Le infezioni ospedaliere neonatali, chiamate anche infezioni ad insorgenza tardiva (late onset sepsis) o infezioni correlate all’assistenza, colpiscono circa il 15-20% dei neonati nati con parto molto pretermine.
Rischi più alti per i nati prematuri
Un neonato che pesa meno di 1500 grammi alla nascita ha una probabilità tre volte maggiore di contrarre una infezione ospedaliera di un neonato più grande e la mortalità nei neonati affetti da questa condizione è circa 3-4 volte quella dei non infetti, a parità di condizioni cliniche di base. L’immaturità del sistema di difesa immunitario del neonato nel suo primo mese di vita lo rende particolarmente vulnerabile all’attacco da parte degli agenti patogeni, oltre che scarsamente capace di circoscrivere l’infezione stessa, che di conseguenza diventa una malattia invasiva generalizzata, cioè sepsi, ad evoluzione talvolta rapidamente drammatica.
Più è piccolo, più è pericoloso
Questa suscettibilità alle infezioni è tanto più elevata quanto più il neonato è prematuro, sia perché la precoce interruzione della gravidanza interrompe il processo di maturazione del sistema immunitario fetale, sia per il mancato o diminuito trasferimento dalla madre al feto di fattori immunitari protettivi, in particolare immunoglobuline, che si verifica soprattutto nelle ultime settimane di gravidanza.
Anche le terapie possono essere cause di infezione
Le procedure invasive, come la ventilazione assistita o la nutrizione attraverso cateteri venosi, che si rendono spesso necessarie per consentire la sopravvivenza dei neonati più piccoli ricoverati nelle Terapie Intensive Neonatali, rappresentano, inoltre, fattori di rischio aggiuntivi di infezione in questa sottopopolazione di neonati.