I neogenitori non vedono l’ora che il piccolo tagli i primi importanti traguardi, come iniziare a parlare. È importante, però, non avere fretta: ogni bambino ha i suoi tempi. Tutto è molto soggettivo e non bisogna aspettarsi che il bimbo dica la prima parola all’improvviso: lo sviluppo del linguaggio è progressivo e avviene a tappe. Prima di arrivare a pronunciare i vocaboli veri e propri, il bebè attraversa la fase della lallazione, cioè della produzione ripetuta di sillabe.
Il significato della lallazione e perché si chiama così
La lallazione è una tappa molto importante nello sviluppo del linguaggio, che consiste nella produzione ripetuta di sillabe cantilenate. Da qui il nome: in latino, infatti, lallatio significa proprio canterellare. Rispetto ai vagiti e ai vocalizzi dei primi mesi di vita, queste forme di linguaggio sono più articolate e più simili alle paroline così attese.
Come si manifesta
All’inizio si tratta di forme semplici e isolate, come ma – pa – ta, che poi diventano sempre più complesse, tipo mamama, tatata. Merito della maturazione della muscolatura orale e alla capacità di auto-ascolto.
Come riconoscerla
Queste sequenze di suoni sono fondamentali, perché permettono al bimbo di iniziare a comunicare, “allenandosi” a utilizzare la propria voce. Attraverso la variazione del ritmo e della melodia della sua voce, il bebè esprime le proprie emozioni: la gioia, il dolore, la rabbia. Inoltre, la lallazione gli permette di interagire con i genitori: spesso ripetere i suoni emessi dal piccolo e cercare di produrne sempre di nuovi diventa un gioco piacevole per tutta la famiglia. Tuttavia, occorre sapere che in questa fase, i suoni emessi dal bambino non hanno ancora un senso del tutto compiuto: quando lui dice “mamamama”, non necessariamente chiama la mamma. Ha semplicemente piacere ad auto-ascoltarsi.
Solitamente, a tre mesi il bambino fa già dei versi, mentre a quattro potrebbe già fare i primi esperimenti con le sillabe. In genere, comunque, la fase della lallazione vera e propria inizia attorno ai sei-otto mesi di età. In alcuni casi può iniziare anche prima.
Lallazione canonica
All’inizio la lallazione è detta “canonica”: il piccolo produce sequenze di consonante e vocali, più spesso la a (la più semplice da riprodurre perché richiede una posizione neutra della bocca), abbinata a consonanti come m, p, b, t, d.
Lallazione variata
Verso i 9-10 mesi si passa alla lallazione “variata”: non solo i suoni cambiano, ma si alternano diverse consonanti e vocali, come “totito” e “papamana”. La lallazione non ha una durata standard: spesso, coesiste per qualche tempo con la pronuncia delle prime parole e può durare anche fino ai 18 mesi.
I segnali d’allarme
Come detto, non bisogna avere fretta: ogni piccolo ha i suoi tempi, anche per quanto riguarda il linguaggio. Se la lallazione non inizia a sei mesi, dunque, non bisogna subito entrare in allarme. In genere, si consiglia di confrontarsi con il pediatra quando non si manifesta entra i 10 mesi di età, come confermano anche gli esperti. Il pediatra, dopo le sue valutazioni, potrà decidere se indirizzare o meno da degli specialisti, come il neuropsichiatra infantile.
La mancanza della lallazione, infatti, potrebbe essere correlata a delle difficoltà uditive, a un ritardo nello sviluppo del linguaggio, a deficit cognitivi. Potrebbe anche essere un segnale precoce di autismo: in questo caso, di solito, il piccolo non compensa l’assenza di linguaggio con altre modalità (gesti o mimica) e non guarda l’adulto in volto.