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Il cordone ombelicale permette lo scambio di sangue tra la madre e il feto durante la gravidanza offrendo al nascituro tutto quanto gli serve per il suo sviluppo. Può attorcigliarsi durante i 9 mesi o il parto, eventualità poco frequente che può provocare, nei casi più seri, danni al feto tanto da suggerire un intervento tempestivo. Alla nascita il cordone ombelicale non serve più e viene quindi reciso senza dolore né per la madre né per il piccolo. Rimane quindi un moncone che cade spontaneamente nell’arco di 7-14 giorni. Fino a quel momento è fondamentale prendersi cura del moncone ombelicale assicurando una corretta igiene quotidiana, senza usare però alcool o altri disinfettanti. Se il moncone non viene adeguatamente trattato può andare infatti incontro a macerazione, diventando la porta d’ingresso per infezioni locali anche molto gravi. Le future mamme possono donare il sangue del cordone ombelicale, ricco di cellule staminali preziose per la cura di molte patologie.
Quando cade il cordone ombelicale del neonato?
Il cordone ombelicale è un condotto flessibile, rivestito da un tessuto molle (gelatina di Wharton), all’interno del quale corrono tre vasi sanguigni, una vena e due arterie. La sua funzione è quella di mettere in collegamento il feto con la placenta così da garantire al nascituro sangue ossigenato e nutrimento perché si possa sviluppare. Solitamente misura da 30 a 80 cm di lunghezza e circa 1,5-2 cm di diametro. Alla nascita la respirazione autonoma e l’allattamento forniscono al neonato tutto ciò che gli serve per crescere: il cordone ombelicale non è più necessario e viene bloccato con una pinza sterile di plastica per evitare la fuoriuscita di sangue e subito dopo viene tagliato, senza che né la madre né il piccolo sentano dolore dal momento che la parte non è innervata. Resta così un moncone lungo 3-5 centimetri che non va assolutamente tirato e tolto. Una volta che il moncone è asciutto può essere tolta la pinza di plastica che lo chiude.
Foto Vidal Balielo jr by Pexels
Pian piano il moncone va incontro a essiccazione, un processo chiamato mummificazione, durante il quale può assumere varie colorazioni che vanno dal verde giallastro, al marrone fino al grigio/nero. Generalmente il moncone ombelicale si mummifica e cade spontaneamente nel giro di 7-14 giorni lasciando la “cicatrice ombelicale”, ossia l’ombelico. L’eventuale presenza di sangue incrostato vicino al moncone o la lieve fuoriuscita di sangue al momento della caduta è da considerarsi normale e non deve preoccupare. I tempi di caduta del moncone ombelicale sono comunque molto variabili. Se però dopo 3 o 4 settimane il distacco del residuo del cordone ombelicale non è ancora avvenuto, è bene avvertire il pediatra. Se nel frattempo il moncone assume un colorito nerastro, non c’è da preoccuparsi: è il segnale che l’essiccazione sta avvenendo. È consigliabile, invece, segnalare al medico la presenza di secrezioni, cattivo odore, arrossamenti o alterazioni della pelle.
Moncone ombelicale: come medicarlo
Fino al momento della caduta è basilare prendersi cura con attenzione del moncone per evitare un’infezione. Bastano poche, semplici manovre per la medicazione del cordone ombelicale che vanno rispettate però scrupolosamente. Assicurare l’igiene quotidiana consiste nel tenere pulito e asciutto il moncone ombelicale (e l’area circostante) controllando a ogni cambio del pannolino che non sia sporco di feci. Ecco come procedere:
- innanzitutto occorre lavarsi bene le mani con acqua e sapone o con un disinfettante in mancanza di acqua prima di procedere alla medicazione del cordone ombelicale che consiste in pratica nel lavarlo ed asciugarlo con cura.
- si può lavare il bebè sotto l’acqua corrente, compresa la parte del moncone. Un tempo si tendeva a ritardare il primo bagnetto dopo la caduta del moncone. In realtà non vi è nessuna controindicazione all’immersione del bebè in acqua sin da subito, quando il moncone è ancora presente: basta far attenzione ad asciugare bene la parte con una garzina sterile a fine bagnetto perché è proprio l’umidità a favorire la proliferazione dei batteri.
- anche se si lava il bebè “a pezzi” senza il bagnetto, è importante asciugare il cordone con una garzina sterile, tamponando la parte senza mai strofinarla.
- se si procede a una corretta igiene quotidiana non serve usare né disinfettanti, come l’alcool che un tempo veniva consigliato e che al contrario ritarda la mummificazione. Ugualmente non servono creme di nessun genere sul moncone.
- se la temperatura lo permette è utile lasciare il moncone ombelicale il più possibile scoperto così da favorirne la mummificazione tenendolo ad esempio al di fuori del pannolino o anche della magliettina.
- è importante evitare di comprimere il moncone chiudendo il pannolino in modo che non lo stringa e vestendo il neonato con indumenti morbidi e non aderenti.
- Cosa non fare invece? Un tempo si credeva che posizionare e mantenere una moneta sull’ombelico del neonato, stretta con un tessuto sull’addome, per un certo periodo di tempo potesse aiutare a curare o prevenire una eventuale sporgenza ombelicale. Si tratta di una pratica senza fondamento per altro assolutamente sconsigliata poiché il contatto del metallo con la pelle del neonato potrebbe provocare infezioni o allergie dovute al nichel.
Cordone ombelicale quando preoccuparsi
Se non viene mantenuto ben pulito e asciutto il moncone ombelicale può andare incontro a macerazione, diventando la porta d’ingresso per infezioni locali che possono essere anche molto gravi.
L’onfalite, l’infezione del cordone ombelicale, si manifesta localmente con la presenza di questi sintomi
- rossore
- gonfiore nella zona dell’ombelico,
- dolore quando si tocca la zona dell’ombelico che provoca pianto nel neonato,
- febbre, sonnolenza e secrezioni purulente e maleodoranti in alcuni casi. Se si sospetta un’onfalite, quindi, è bene rivolgersi al pediatra per una valutazione tempestiva e per la prescrizione della terapia adatta.
È opportuno rivolgersi al proprio pediatra anche in presenza di:
- sanguinamento continuo e abbondante del moncone ombelicale che potrebbe essere sintomo della presenza di una malattia emorragica,
- mancata caduta del moncone ombelicale oltre le 3-4 settimane successive alla nascita; questo potrebbe essere dovuto a un’infezione locale o molto raramente a un disturbo congenito del sistema immunitario.
Cosa succede se si attorciglia?
Il cordone ombelicale può attorcigliarsi su se stesso, intorno al collo o ad altre parti del corpo del piccolo, sia in gravidanza come al momento del parto. In realtà, si tratta di eventualità poco frequenti, ma non impossibili. Nei casi più seri, possono comparire rischi a carico del feto, che richiedono un intervento tempestivo. Ma perché può succedere? Il fattore di rischio principale, che aumenta le probabilità che il cordone si attorcigli, è la lunghezza eccessiva, tra gli 80 e i 150 cm. Complici le contrazioni uterine e i conseguenti movimenti del piccolo, il cordone può attorcigliarsi anche durante il travaglio, quando il bimbo si avvicina al canale del parto. La paura più grande delle future mamme è che, torcendosi intorno al collo, il cordone ombelicale strozzi il piccolo. Il pericolo più concreto in realtà è che, tra i giri e i nodi del cordone, il flusso di sangue ossigenato e di nutrimento si interrompa, provocando, nei casi più gravi, una sofferenza fetale. In questa eventualità, il parto naturale non è possibile e diventa necessario intervenire con un cesareo d’urgenza.
Come conservare il cordone ombelicale
In Italia da anni è possibile raccogliere e conservare le cellule staminali del cordone ombelicale donate per semplice altruismo presso strutture pubbliche denominate “Banche di Sangue di Cordone Ombelicale”. Tutte le Banche di sangue cordonale operanti nel mondo, inviano, anche attraverso i rispettivi registri nazionali, informazioni sulle cellule staminali in esse conservate, a un Registro Internazionale, al quale accedono tutti i Centri Trapianto di midollo osseo per la ricerca di un donatore compatibile con un paziente in attesa di trapianto. Le cellule staminali del cordone ombelicale si definiscono emopoietiche perché capaci di produrre tutte le cellule del sangue cioè globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.
Queste cellule sono quindi in grado di rigenerare il midollo spinale nei casi in cui sia stato gravemente danneggiato a causa di patologie o di una chemioterapia ad alte dosi. In questo modo è possibile curare pazienti affetti da leucemie, linfomi, immunodeficienze ereditarie e altre malattie. L’importanza delle cellule staminali da cordone ombelicale è dovuta non solo alla loro elevata capacità di produrre cellule del sangue ma anche alla loro scarsa immunogenicità che le rende particolarmente tollerate dall’organismo che le riceve, con reazioni di rigetto più limitate rispetto alle staminali prelevate da midollo o sangue adulto. La raccolta delle staminali del cordone ombelicale, che altrimenti verrebbe buttato via, rappresenta quindi un’importante risorsa alternativa al prelievo di staminali da midollo osseo o da sangue periferico.
Il sangue del cordone ombelicale conservato può servire innanzitutto per il neonato qualora presenti una patologia evidenziata già prima della nascita o subito dopo il parto, sia per i consanguinei. Le statistiche dimostrano che se si dona il sangue del cordone e questo viene conservato in una delle banche pubbliche italiane, si ha il 97-98% di probabilità di rientrarne in possesso qualora se ne presenti la necessità.
Qualora non serva in maniera diretta, il sangue ombelicale viene donato agli estranei che ne presentino la necessità in caso di malattie tumorali come la leucemia, i linfomi e patologie non tumorali come la talassemia, l’aplasia midollare e le immunodeficienze congenite in pazienti bambini e adulti. La conservazione del sangue ombelicale è permessa anche nel caso di famiglie che corrono il rischio di avere figli affetti da malattie genetiche per le quali risulti appropriato l’utilizzo di tali cellule. In questi casi si tratta di “donazione dedicata” e le cellule staminali, conservate gratuitamente nelle banche italiane, sono ad esclusiva disposizione del soggetto al quale sono state dedicate in ragione della sua patologia. Nelle banche pubbliche del cordone ombelicale vengono accettati campioni di sangue cordonale di elevata qualità che contengono un alto numero di cellule staminali provenienti da parti oltre la trentaquattresima settimana di gestazione.
La raccolta del sangue cordonale è una manovra semplice, che viene eseguita dopo la nascita del bambino e il taglio del cordone e quindi non comporta nessun rischio né per la madre né per il neonato. La raccolta si effettua solo se in sala parto possono essere assicurati i massimi livelli assistenziali per la mamma e per il piccolo. Il sangue placentare raccolto viene conservato in vere e proprie “banche del sangue placentare”, strutture sanitarie autorizzate a conservare, trattare e distribuire le cellule staminali raccolte a scopo di trapianto, garantendone idoneità, qualità, sicurezza, tracciabilità. La donazione e la conservazione del cordone ombelicale presso una banca pubblica sono gratuite e interamente a carico del Servizio Sanitario, che ha una rete di diciotto banche sul territorio nazionale collegate a diversi ospedali. Le donne che intendono donare il cordone a una banca pubblica devono farne esplicita richiesta prima del parto, rivolgendosi a un ospedale accreditato per la raccolta.
Per donare il sangue del cordone ombelicale è necessario essere in buone condizioni di salute, sottoscrivere il consenso informato ed effettuare attraverso la struttura stessa degli esami di laboratorio (a carico dell’ospedale) che assicureranno l’adeguatezza del sangue cordonale per un futuro trapianto. Nel caso in cui il sangue del cordone ombelicale dovesse rivelare criteri insufficienti di qualità e quantità, oppure se al momento del parto si verificano condizioni che rendono il cordone inadatto alla conservazione nella banca (febbre, stress fetale ecc.), si potrà comunque donare il sangue del cordone per la ricerca sulle cellule staminali ematopoietiche, dedicata a trovare nuove cure per le malattie del sangue.