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Il test per individuare eventuali cardiopatie congenite si effettua attraverso la rilevazione nei primissimi giorni di vita del neonato della quantità di ossigeno nel sangue arterioso mediante un apparecchio – il pulsossimetro – collegato alla manina e al piede del bebè.
Intervenire il prima possibile
La maggior parte delle cardiopatie congenite può determinare, infatti, una riduzione di questa quantità di ossigeno. Con questo metodo, sicuro e non invasive, perciò, è possibile rilevare gravi problemi che possono altrimenti rimanere misconosciuti, salvo poi manifestarsi in seguito, determinando serie conseguenze. Più la diagnosi è tardiva, infatti, è più è elevato il rischio di mortalità; la diagnosi precoce invece aumenta le possibilità di intervenire chirurgicamente, con una riduzione della mortalità tra il 15 e il 20%.
Conferme da uno studio su 42.000 neonati
L’efficacia di questo test di screening è stata confermata da uno studio multicentrico cui hanno partecipato 17 diversi centri neonatologici italiani, tra cui l’Unità operativa complessa di neonatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, e ha coinvolto 42.169 neonati. Lo studio è il primo in Italia su larga scala e tra quelli con la casistica più numerosa effettuati a livello internazionale sull’argomento. Pubblicata recentemente sul Journal of Pediatrics, la ricerca ha evidenziato che l’utilizzo del test prima delle dimissioni dall’ospedale consente di incrementare la rilevazione delle cardiopatie congenite del 71% nei centri nascita di primo e secondo livello. Al Gemelli tale screening viene ormai effettuato gratuitamente da quasi dieci anni.
Sempre più diffuso
Da qualche anno lo screening pulso-ossimetrico è eseguito in tutto il mondo e recentemente è entrato nelle raccomandazioni del Fda statunitense. In Italia non è obbligatorio, i risultati della ricerca sottolineano l’importanza di estenderlo a tutti i centri nascita del Paese.