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L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha modificato la dose giornaliera tollerabile di uno dei contaminanti che si sviluppano durante i processi di raffinazione degli oli vegetali, in particolare dell’ olio di palma, contenuto anche nel latte formulato. Si tratta della sostanza chimica 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) e dei suoi derivati, che potrebbe avere effetti nocivi su reni e sulla fertilità.
Più pericoli per i bambini
I livelli di consumo di questa sostanza, contenuta anche nell’ olio di palma, sono privi di rischio per la maggior parte delle persone, ma esiste un potenziale problema per i bambini, perché – si legge in una nota Efsa – i neonati nutriti esclusivamente con latte formulato potrebbero superare il livello di sicurezza, anche se di poco. L’aggiornamento su olio di palma e latte artificiale riguarda solo il 3-MCPD e i suoi derivati. La precedente valutazione Efsa non è cambiata per i potenziali effetti cancerogeni e genotossici di altri contaminanti, quali i glicidil esteri degli acidi grassi (Ge) in oli vegetali e alimenti che, la Commissione europea vuole ridurre con una nuova procedura legislativa.
Opinioni contrastanti
La scienza conferma che l’olio di palma sostenibile, se consumato nell’ambito di una dieta bilanciata, può far parte dell’alimentazione, come indicato anche da uno studio della Nutrition Foundation of Italy, sottoscritto da 24 esperti italiani e pubblicato da vari organismi rappresentativi delle più importanti società medico-scientifiche nazionali. Secondo l’Istituto superiore di sanità, la letteratura scientifica non riporta l’esistenza di componenti specifiche dell’ olio di palma capaci di determinare effetti negativi sulla salute, ma riconduce questi ultimi all’elevato contenuto di acidi grassi saturi (di cui è composto l’olio di palma per circa il 49%). Tuttavia l’Istituto Mario Negri, che ha realizzato un’analisi su 51 studi e ricerche scientifiche, ha ridimensionato il ruolo negativo di questi grassi sull’innalzamento del colesterolo, principale fattore di rischio cardiovascolare.