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In passato c’erano i fratelli di latte, neonati che venivano allattati da una stessa balia alla quale era affidato il compito di nutrire con il proprio latte materno bambini altrui, oltre i propri. Oggi questa pratica è tornata in auge, anche se in chiave più moderna, con il milk sharing appunto.
In vendita online
Si chiama milk sharing e a praticarlo sono le donne che producono più latte di quanto ne serva al proprio bambino e che, quindi, decidono di venderlo a chi ne ha bisogno. È in rete che si trova in vendita il latte materno e, dal giro di acquisti online effettuati, si nota subito che rappresenta un mercato florido e in continua espansione.
Senza esami medici e regolamenti
È un fenomeno talmente in crescita che se ne è occupata anche la Pediatric academies societies (Pas) in un meeting a Baltimora, negli Stati Uniti. I ricercatori del Cohen’s Children Medical Center di New York hanno messo in guardia avvertendo che queste interazioni via Internet sono a rischio perché prive dei regolamenti e degli esami medici che una volta le accompagnavano. I pediatri dovrebbero essere consapevoli del risorgere di questa pratica e incoraggiare piuttosto la condivisione del latte attraverso le apposite banche.
Meglio le banche del latte
Esistono infatti le cosiddette “banche del latte”, strutture sanitarie di norma correlate ai reparti di terapia intensiva e di patologia neonatale degli ospedali pubblici, che rispondono proprio al bisogno di latte materno. In Italia le banche del latte sono gestite dal’AIBLUD (Associazione Italiana Banche del Latte Umano Donato), un’associazione onlus che promuove l’allattamento e la donazione del latte materno e svolge anche un ruolo di coordinamento di tutte le banche.