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Il latte materno è il nutrimento migliore
Tutti gli studi scientifici, oltreché l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), sono concordi nell’affermare che il latte materno sia l’alimento più indicato per il neonato, in quanto contiene tutte le sostanze nutritive (grassi, proteine, zuccheri, vitamine e sali minerali) nelle giuste proporzioni per le esigenze di crescita del piccolo ed è facilmente assimilabile dal suo apparato digerente. Il latte materno, poi, grazie al suo ricco contenuto di anticorpi, cioè fattori di difesa, rafforza il sistema immunitario del bebè, proteggendolo dall’attacco di virus e batteri. È dimostrato, poi, che il bimbo allattato al seno è meno soggetto al rischio di allergie, in quanto le sostanze fornitegli attraverso il latte abituano il suo organismo ad avere una risposta di difesa più efficace di fronte agli agenti esterni. Inoltre, l’allattamento al seno previene il rischio di obesità nell’età adulta: sia perché c’è un più bilanciato apporto di nutrienti, sia perché induce il neonato ad autoregolamentarsi, poiché si abitua a mangiare solo ciò che gli serve. Infine, allattare in modo esclusivo al seno consente una straordinaria opportunità di interazioni psicologiche tra la mamma e il bambino che lo stesso atto del nutrire produce.
Due metodi diversi di allattamento
Si tratta di uno degli interrogativi che si pongono le neomamme che allattano: secondo le ultime tendenze, l’allattamento al seno a richiesta permetterebbe al bimbo di nutrirsi in modo adeguato e preciso, in base ai suoi fabbisogni. Ma ci sono anche scuole di pensiero differenti, secondo cui l’allattamento a richiesta renderebbe troppo dipendenti uno dall’altro la mamma e il bebè. In realtà, non è possibile decidere a priori quale metodo di allattamento al seno seguire: la soluzione migliore è quella che ogni mamma riesce a trovare con il bambino, perché è frutto di una conoscenza reciproca che porta a capire il reale bisogno del piccolo. Per decidere con serenità, è utile valutare con attenzione i pro e i contro di ogni metodo in base al carattere e ai bisogni del bambino.
1 A richiesta
È adatto a bimbi “autonomi” che cercano il seno della mamma solo quando hanno fame. Consiste nell’attaccare il piccolo al capezzolo non secondo orari prestabiliti, ma ogni volta che egli lo richiede. Questo metodo presenta diversi vantaggi, tra cui quello di adeguarsi meglio alle esigenze nutritive del bebè e di consentire un continuo e adeguato svuotamento delle mammelle. Inoltre, prolunga l’allattamento nel tempo ed evita di dover conteggiare il numero dei pasti e l’intervallo che intercorre tra una poppata e l’altra. Questo metodo, però, è faticoso per la mamma, che si vede impegnata nelle poppate a ogni ora del giorno e della notte, soprattutto se il piccolo è vorace.
2 a orari fissi
Consiste nello scandire il numero di poppate giornaliere entro uno schema di orari ben definito. Non si adatta quindi ai bambini che manifestano continuamente il desiderio di attaccarsi al seno non per fame, ma per cercare un contatto fisico con il corpo materno. Una volta avviato, ha il vantaggio di permettere alla mamma di organizzare meglio il suo tempo nella giornata. Il metodo è utile anche per le mamme ansiose, che temono di non offrire un numero di pasti adeguato. L’allattamento a orari fissi non è indicato, invece, ai bambini che crescono poco o sono molto pigri: in questo caso, infatti, è consigliabile stimolare l’appetito dei piccoli attaccandoli più spesso al seno.
Per sapere se si nutre abbastanza
La mamma che allatta al biberon segue le indicazioni del pediatra per sapere quanto latte somministrare al piccolo in ogni poppata. Per chi è allattato al seno, invece, occorre guardare alcuni elementi per rassicurarsi sull’adeguatezza della quantità di latte assunta. Ecco quali sono: la frequenza delle poppate, per cui se anche a richiesta non devono passare mai più di 4 ore durante il giorno, la crescita settimanale (nei primi tre mesi la crescita è più veloce, sui 150-180 g alla settimana, poi rallenta un po), e il cambio di pannolini (7-8 al giorno come minimo), con urine non concentrate, cioè di colore trasparente.
In media 20-30 minuti per seno
È difficile stabilire un tempo ottimale che si adatti a ogni bebè nell’allattamento al seno: ci sono bimbi voraci che succhiano in modo vigoroso e svuotano le mammelle a tempo di record, altri più pigri che succhiano senza efficacia e si addormentano. La durata della poppata può oscillare quindi da pochi minuti o sfiorare la mezz’ora. In generale, dovrebbe durare 20-30 minuti in tutto, alternando i seni. Più che altro è il numero di poppate che può variare in base al carattere del neonato: i neonati più golosi fanno pasti abbondanti e meno frequenti; mentre i bebè più pigri fanno pasti piccoli e frequenti, intervallandoli magari a un sonnellino. A questo proposito, se il bimbo si addormenta durante la poppata, non è il caso di svegliarlo: con il pancino vuoto si sveglierà prima per richiedere la poppata successiva. Al contrario, se non si stacca dal seno, per interrompere la poppata si deve infilare un dito nell’angolo della bocca del bebè e spingere verso il basso.
Fino a quando allattarlo?
In genere, il bimbo succhia al seno fino all’inizio dello svezzamento, cioè fino al quinto-sesto mese, quando avviene il passaggio graduale ai cibi solidi. Tuttavia, non c’è motivo per interrompere le poppate, perché i vantaggi dell’allattamento al seno possono protrarsi fino all’anno di vita e oltre. Occorre sapere, però, che più il bambino succhia, più il latte nella mamma si riforma perché la suzione stimola il seno a produrne di più. Introducendo altri alimenti nella dieta, è quindi normale che la produzione di latte rallenti in modo graduale, fino a scomparire del tutto se il seno non viene più stimolato.
Per smettere basta non attaccare più il bimbo
La scelta di quanto continuare ad allattare dipende dalla mamma, tenendo conto di diversi aspetti, come la ripresa del lavoro o il senso di stanchezza fisica che può avvertire dopo un certo periodo. In ogni caso, quando si decide di smettere, il metodo è semplice: basta evitare di offrire il seno al bebè. Se la ghiandola mammaria non è più stimolata, automaticamente smetterà di produrre latte. Durante questa fase di passaggio, tuttavia, il seno può essere dolente e quindi può essere necessario togliere con un particolare strumento, il tiralatte, quella minima quantità di latte sufficiente per alleviare il senso di tensione. Nel caso in cui, però, sia necessario interrompere le poppate in maniera più veloce, in genere si prescrivono alla mamma appositi farmaci che bloccano la lattazione.
Doppia pesata: sì o no?
Non è rilevante calcolare la quantità di latte assunta con ogni poppata: il metodo della “doppia pesata”, oltre che stressante, è inutile. Meglio controllare che il bimbo cresca in modo regolare, misurando il suo peso una volta alla settimana, alla stessa ora, senza pannolino.