Argomenti trattati
Il tiralatte è uno strumento che consente alla neomamma di “tirare”, cioè di estrarre, il latte dal seno per offrirlo al bebè nel biberon laddove, per motivi diversi, non fosse possibile attaccare il piccolo direttamente al capezzolo. Di solito si presenta come un contenitore di plastica dotato di una sorta di ventosa da fare aderire all’areola: messo in azione, esso esercita una pressione che provoca l’estroflessione del capezzolo e, di conseguenza, la fuoriuscita di latte secondo un meccanismo di funzionamento del tutto simile a quello stimolato dalla suzione diretta da parte del bambino. Proprio per questo, il suo utilizzo è in grado di indurre e mantenere attiva la produzione di latte da parte della ghiandola mammaria, permettendo di riprendere l’allattamento una volta risolto il problema che ne ha causato la sospensione ed evitando di ricorrere precocemente al latte artificiale.
Utile in diverse situazioni
Uno dei casi più frequenti che rende necessario l’uso del tiralatte è rappresentato dalla nascita prematura del bambino (prima della 37a settimana di gravidanza) che in genere comporta la sua incapacità di attaccarsi al capezzolo della madre nel modo e per il tempo sufficienti a consentirgli di soddisfare i suoi fabbisogni nutritivi. Questo strumento può rivelarsi molto utile anche se si ricomincia a lavorare prima di avere interrotto l’allattamento: “tirandosi” il latte a casa si possono creare delle scorte che la baby-sitter o la nonna offriranno col biberon al piccolo mentre la mamma è fuori casa. La momentanea sospensione delle poppate e il ricorso al tiralatte potrebbero, infine, essere determinati dalla comparsa di alcuni disturbi al seno che proprio l’allattamento naturale tende a stimolare: tra questi rientrano, per esempio, le ragadi, piccole ferite dolorose che si formano sul capezzolo per lo più per effetto di un modo erroneo del bebè di attaccarsi al seno, l’ingorgo mammario, ovvero l’ostruzione dei dotti galattofori (i sottili canali in cui scorre il latte), e la mastite, un’infezione di alcuni dotti galattofori che può anche provocare la formazione di ascessi.
Come si usa il tiralatte
Prima di iniziare l’estrazione del latte è necessario lavare bene le mani e tenere il seno caldo con un impacco o una doccia. Dopo essersi comodamente sedute e avere inumidito il seno passandovi un po’ d’acqua tiepida, applicare la ventosa o imbuto all’areola e iniziare a tirare piano ma con un’intensità man mano crescente. Se il latte non defluisce subito non allarmarsi ma cercare di rimanere rilassate e continuare a tirare. È meglio, comunque, effettuare pompaggi brevi, di massimo 15 minuti, ma frequenti (6-8 volte al giorno): in questo modo, oltre ad evitare di stressare eccessivamente i tessuti del seno, si svuota del tutto il seno e si stimolano l’attività della ghiandola mammaria e la produzione di altro latte. Il latte estratto va versato in appositi contenitori sterilizzati, raffreddato in frigorifero (dove si manterrà perfettamente per le successive 24 ore) e poi riposto in freezer dove conserva intatte le sue proprietà nutritive fino a 2-3 mesi.
Si può scegliere tra diversi modelli di tiralatte
In commercio sono disponibili due diversi tipi di tiralatte
- il tiralatte manuale che comprende i modelli “a pompetta” e quelli “a siringa” e risulta più adatto per le mamme che vi ricorrono meno di frequente. Costano dai 15 ai 90 euro.
- il tiralatte elettrico in cui il meccanismo è attivato appunto da un dispositivo elettrico. Ve ne sono di modelli portatili, caratterizzati dalle piccole dimensioni e dal fatto di funzionare anche a batteria, il cui costo varia dai 30 ai 200 euro, e di semi-professionali, simili a quelli usati negli ospedali, particolarmente indicati se serve estrarre consistenti quantità di latte (come nel caso di gemelli). Il loro costo si aggira intorno ai 1.000 euro e, quindi, è consigliabile noleggiarli al prezzo medio di 2 euro al giorno, 70 euro al mese.