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A volte deriva dal fatto che vi è un riflesso di emissione, cioè di spinta del latte verso l’esterno, molto forte, e il bambino non sa gestire questo flusso così intenso. In altri casi può essere un segnale che il bimbo non riesce ad attaccarsi bene ai capezzoli e succhiare in modo corretto, perché, per esempio, li stringe con le gengive come si fa con il biberon. Molte mamme, poi, credono di non avere latte a sufficienza o che il bebè si sia stancato di poppare. In realtà, nella maggior parte dei casi le ragioni alla base di questo allontanamento momentaneo sono altre.
La colpa può essere di un ingorgo
Spesso, soprattutto nei primi giorni di vita del piccolo, la colpa di tutto è un ingorgo mammario. Si tratta di un’infiammazione e una congestione dell’intera mammella o di un’ampia zona di essa. Il seno appare duro, gonfio e caldo, la pelle può essere lucida e il latte non fuoriesce alla suzione o alla spremitura. Di conseguenza, il bambino ha più difficoltà ad attaccarsi e finisce con il rifiutare il seno.
Oppure fastidi e malattie
Quando compare a distanza di settimane o anche mesi dal parto, il rifiuto del seno può essere una reazione temporanea a cambiamenti o fattori esterni. In molte situazioni dipende dalla dentizione: il bimbo ha male alle gengive perché stanno spuntando i dentini, quindi, non mangia. Anche una malattia (come l’otite o il mughetto) o una piccola ferita (un piccolo taglio sulla lingua o sul palato) rendono doloroso l’allattamento e, di conseguenza, inducono il piccolo a fare “lo sciopero della mammella”.
Se dipende dalla mamma
Anche l’atteggiamento della donna è molto importante. Il rifiuto del seno può arrivare dopo che la mamma ha reagito bruscamente perché il bambino l’ha morsa, spaventandolo, oppure in un periodo di forte stress, per esempio in coincidenza della ripresa del lavoro, di un viaggio o di una crisi famigliare.