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È di questi giorni la notizia che nella sola Milano quasi la metà degli abitanti è single (45% del totale) con un aumento del 34% negli ultimi dieci anni. E i nuclei monofamigliari crescono anche nelle altre provincie della Lombardia: nella città di Pavia è di questa tipologia il 43% delle famiglie, a Bergamo il 42%, a Brescia e a Mantova il 40%, a Sondrio il 38%, a Como e a Cremona il 37%, a Lodi e Varese il 35%, a Lecco il 34% e a Monza il 33%. Molti di questi nuclei famigliari sono composti da mamme single, una realtà quindi sempre più presente nella nostra società. Abbiamo chiesto alla dottoressa Elisa Terzi, psicologa, come vivono oggi le donne questa situazione dove, a volte – oltre al partner – manca anche una rete di supporto famigliare.
In che modo è cambiata la famiglia negli ultimi tempi?
Accanto alla famiglia tradizionale, composta da entrambi i genitori e i figli che vivono insieme, si sono formati dei nuclei che sono più atipici, costituiti da genitore single o da famiglie allargate”.
In che modo le mamme single vivono questo cambiamento?
Nel caso delle mamme single, ovvero quelle donne che non hanno accanto il padre dei propri figli, il tema che maggiormente viene riscontrato è il grande senso di colpa, consapevole o meno, che viene a pervadere la relazione con i figli. Spesso l’effetto della separazione dal compagno è che la donna sente la situazione molto svantaggiosa per i figli. E nella speranza di prevenire problemi mette in atto una serie di comportamenti volti a compensare.
Come si traduce questo atteggiamento compensatorio sui figli?
Questi comportamenti si caratterizzano il più delle volte con un investimento affettivo, fisico e di tempo eccessivo sul bambino. Sono quelle situazioni in cui le mamme single vivono solo per il bambino e non esiste più niente altro e tutta la loro vita è improntata a cercare di colmare la mancanza del padre con la sua onnipresente figura. L’accudimento risulta spesso eccessivo e le attenzioni che sono rivolte ai figli sono esclusive e pervadono ogni aspetto della sua vita.
Anche il fatto di voler tenere il bambino “più piccolo” rientra in questo atteggiamento?
Certamente. La manifestazione dell’affetto e la ricerca di vicinanza fisica e psichica sono molto infantili e non adeguate al livello di maturazione del bambino; le mamme single si comportano come se il figlio fosse molto più piccolo di quanto non sia e adotta un modello di relazione adeguato a età precedenti. Questa ricerca di vicinanza fisica, per esempio dormire nello stesso letto, sembra soddisfare più un bisogno dell’adulto che non una reale necessità del figlio, che al pari dei coetanei ha bisogno di essere stimolato all’autonomia e all’indipendenza. Accanto a questa affettività inadeguata, accade che la mamma rimasta sola si comporti con il figlio e lo tratti come se questi fosse il suo confidente e amico per cui tende a coinvolgerlo nella propria nuova vita affettiva e personale.
Qual è la fatica maggiore, dal punto di vista psicologico, per queste donne?
Le mamme single si trovano a dover gestire la rabbia e il risentimento del figlio nei suoi confronti per il fatto di non avere una famiglia convenzionale; si trova nella posizione di dover fornire spiegazioni e accogliere tutto il carico affettivo negativo che la situazione comporta. La sfida di queste madri è quindi quella di venire a patti con il fallimento della propria idea di famiglia, l’elaborazione di questo lutto e la creazione di una nuova visione di famiglia. Un compito molto difficile, che comporta grandi sofferenze e grande fatica.