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Mangiare uva fa bene al cuore. È quanto emerge da uno studio realizzato dai ricercatori del Crea viticoltura ed enologia di Turi in collaborazione con un gruppo di ricerca dell’Università di Bari. Scopo dello studio era valutare il legame tra il consumo prolungato di uva e i processi di coagulazione e fibrinolisi, che potrebbero portare all’insorgenza dei disturbi cardiovascolari.
Il potere degli antiossidanti
Per l’esperimento è stata scelta l’ uva Autumn Royal, una varietà a bacca nera,che contiene zuccheri in quantità moderata e molti composti polifenolici, specialmente antociani, potenti antiossidanti che combattono i radicali liberi, responsabili del deterioramento dei tessuti e del Dna. Il campione dello studio, composto da 30 persone, è stato diviso in due gruppi:
- il primo (20 volontari) ha seguito una dieta arricchita di uva (5g/kg di peso, al giorno) per tre settimane;
- il secondo gruppo (10 volontari) ha proseguito la dieta abituale, ma priva di uva.
Effetti antitrombotici
Ai volontari sono state effettuate le analisi del sangue prima e dopo l’assunzione di uva e dopo un mese dalla fine dell’assunzione. Gli esami ematici del primo gruppo hanno dimostrato che con l’assunzione prolungata di uva:
- la glicemia non si era alzata;
- il profilo lipidico era rimasto inalterato.
È emerso un effetto anticoagulante dell’ uva che, aumentando la capacità fibrinolitica del plasma (parte liquida del sangue), riduce i meccanismi di formazione dei trombi ed esalta quelli deputati alla loro rimozione. Secondo i ricercatori, i risultati raggiunti porterebbero a far pensare che le preziose qualità dell’uva abbiano un effetto benefico sul cuore, contribuendo a proteggere l’organismo dalle malattie cardiovascolare. Questi effetti antitrombotici, inoltre, persisterebbero anche dopo l’interruzione dell’assunzione.
Benefica anche per altre malattie
Ma non solo. Se mangiata alle dosi riportate, l ‘una sarebbe particolarmente indicata per prevenire i principali fattori di rischio dell’aterosclerosi, come l’ipertensione, il diabete, l’iperlipidemia e lo stress ossidativo, al punto da poter contribuire a ridurre la mortalità legata ai disturbi cardiovascolari.