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Contro il tumore dell’ovaio l’aspirina potrebbe essere un’alleata: due diversi studi pubblicati sulla rivista medica Journal of the National Cancer Institute e su Lancet Oncology, mettono infatti in evidenza come l’assunzione di acido acetilsalicilico sia in grado da una parte di ridurre del 10% il rischio di sviluppare un tumore dell’ovaio e, dall’altra, di aumentare del 30% la sopravvivenza delle pazienti dopo la diagnosi.
Funzione antitumorale
I risultati ottenuti dai due studi confermano la funzione antitumorale dell’aspirina, ma come spiega Shelley S. Tworoger, uno degli autori del primo studio, ” sono necessari ulteriori studi prima di raccomandarne l’uso quotidiano. Per esempio c’è bisogno di capire quale possa essere la dose migliore per le donne, se l’aspirina standard o l’aspirinetta”.
Meno probabilità di ammalarsi
Nello studio pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute i ricercatori hanno esaminato i dati raccolti da 13 diverse ricerche che avevano indagato la tendenza al consumo di antinfiammatori da parte di oltre 750mila donne, rilevando che in caso di assunzione quotidiana di aspirina il rischio di tumore dell’ovaio diminuiva del 10%.
Aumento della sopravvivenza
La seconda ricerca, pubblicata su Lancet Oncology, conferma i risultati di precedenti studi secondo cui l’assunzione di aspirina e di altri farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) potrebbe arrestare la crescita del tumore, aumentando la sopravvivenza della pazienti. Dopo aver esaminato circa mille casi di tumore ovarico, gli studiosi hanno rilevato che le pazienti che avevano assunto l’aspirina e altri antinfiammatori non steroidei hanno fatto registrare un miglioramento del 30% nella sopravvivenza.
Quanto è diffuso
Nel nostro Paese il tumore dell’ovaio, secondo i dati riportati dall’Airc, l’Associazione italiana per la ricerca contro il cancro, colpisce circa 5.200 donne ogni anno: è al nono posto tra le forme tumorali e costituisce il 3% di tutte le diagnosi di tumore. In Europa rappresenta il 5% di tutti i tumori femminili. È più frequente nella popolazione caucasica, nei Paesi dell’Europa nord-occidentale e negli Stati Uniti, mentre è molto meno frequente nei Paesi asiatici, africani, sudamericani. Tra i fattori di rischio c’è l’età: la maggior parte dei casi viene identificata dopo la menopausa, tra i 50 e i 69 anni. Altri fattori di rischio sono la lunghezza del periodo ovulatorio, ossia un menarca (prima mestruazione) precoce e/o una menopausa tardiva, e il non aver avuto figli.