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Il tumore all’utero è il sesto tipo di tumore più diagnosticato nel sesso femminile in Italia. Oggi le possibilità di riconoscerlo e trattarlo con successo sono molto migliorate rispetto al passato. Merito anche della cosiddetta metodica del “linfonodo sentinella”, utilizzata da qualche tempo in pochi centri all’avanguardia, come al San Gerardo di Monza.
Il linfonodo sentinella
Il linfonodo sentinella è il linfonodo più vicino al tumore e, in genere, la prima parte a essere colpita da un’eventuale metastasi, cioè diffusione del tumore. Si tratta, infatti, della stazione linfonodale che per prima potrebbe aver drenato, cioè diffuso, eventuali cellule malate. Occorre sapere che i linfonodi sono piccoli organi che hanno la funzione di riconoscere gli agenti patogeni e di generare contro di essi delle risposte immunitarie. In presenza di un tumore è possibile che alcune cellule maligne vengano catturate dai linfonodi più vicini: ecco perché è importante verificare le loro condizioni.
L’esempio del melanoma e del tumore al seno
Per identificare il linfonodo sentinella, in genere, si utilizza la linfoscintigrafia: ricorrendo a un radiofarmaco (il radio-isotopo Tc99m) e a un colorante blu e impiegando un’apposita apparecchiatura, si evidenzia la stazione “incriminata”. A questo punto si può procedere all’asportazione. Questa tecnica viene impiegata da alcuni anni in alcuni tipi di tumore, come quello al seno e il melanoma. Oggi può essere applicata anche al tumore dell’utero. Occorre sapere, infatti, che questa malattia nel 20-25% infiltra i linfonodi anche negli stadi iniziali. Nella maggior parte dei casi le prime stazioni a essere colpite sono localizzate nell’area pelvica e in vicinanza dell’aorta.
Si evitano interventi invasivi
Disporre di un esame che consente di individuare il linfonodo sentinella evita interventi invasivi, che consistono nell’asportazione completa di tutti i linfonodi adiacenti per ridurre il rischio di metastasi. «Però, così facendo, sottopongo otto donne su dieci a un trattamento inutile e nocivo. Togliere i linfonodi ha un’elevata percentuale di effetti collaterali gravi, come lo sviluppo di linfocisti, che si possono infettare, di gonfiori dovuti all’accumulo di linfa nei tessuti (linfedemi) e di cellulite, cioè infezione dei tessuti. Preservare i linfonodi negativi (cioè sani) è dunque fondamentale» ha spiegato il professor Rodolfo Milani, direttore della Clinica Ostetrica e Ginecologica del San Gerardo di Monza.
Per via laparoscopica
Con la tecnica del linfonodo sentinella, invece, si può procedere alla sola asportazione di uno o due linfonodi per lato, per un totale di quattro al massimo. Un’operazione che può essere eseguita anche per via laparoscopica.