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In Italia ogni giorno si scoprono 131 nuovi casi di tumore al seno, una malattia che secondo le statistiche colpisce almeno una donna ogni 10. Fortunatamente, negli ultimi anni le chance di guarigione e sopravvivenza sono aumentate. In alcuni casi, però, per salvare la vita alla donna è necessario asportare più di un quadrante di seno o addirittura l’intera mammella: un’operazione che è quasi sempre seguita dalla chirurgia ricostruttiva. Ora, un’équipe del Policlinico Duilio Casula di Monserrato, ha messo a punto una nuova tecnica di ricostruzione basata sull’innesto di due lembi di tessuto (grasso e pelle) prelevati dall’interno delle cosce (Ppap flap) delle pazienti.
L’intervento classico
Tradizionalmente la ricostruzione della mammella in seguito all’intervento di asportazione per tumore al seno viene effettuata ricorrendo a protesi o tessuti prelevati dalla donna stessa, come il tessuto mammario residuo oppure il tessuto addominale o, ancora, il grasso prelevato da altre zone. Nel corso dello stesso intervento o in un momento successivo, se necessario, si ricostruiscono il capezzolo e l’areola utilizzando rispettivamente un piccolo lembo di tessuto locale e un innesto di cute prelevato dalla piega inguinale oppure un tatuaggio. Talvolta, per motivi estetici il chirurgo plastico rimodella anche la mammella sana.
La nuova tecnica
Ideata dai medici sardi guidati dal professor Andrea Figus, prevede l’utilizzo contemporaneo di due lembi di tessuto (grasso e pelle) prelevati dall’interno delle cosce dalla donna e trasferiti, uniti insieme, nella regione mammaria per ricostruire un solo seno. La particolarità è che il chirurgo preleva questi tessuti insieme con un’arteria e una vena, che vengono poi collegate con le arterie e le vene che passano vicino allo sterno: si tratta, dunque, di tessuti vitali.
Due storie di successo
La nuova tecnica di ricostruzione dopo tumore al seno è stata sperimentata su due donne molto magre, già sottoposte a chemioterapia e radioterapia, oltre a una ricostruzione fallita con protesi. “Abbiamo valutato insieme alle pazienti soluzioni che potessero offrire una ricostruzione duratura e un risultato soddisfacente e abbiamo optato per una ricostruzione nuova e complessa che, vista la nostra esperienza, abbiamo potuto eseguire con successo e sicurezza a Cagliari, per la prima volta in Italia” ha spiegato il professor Figus. Oggi le due pazienti stanno bene. Complessivamente la microchirurgia ricostruttiva della Aou di Cagliari ha eseguito 54 interventi complessi con lembi microchirurgici, un numero significativo per un centro italiano appena costituito.