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Consumiamo troppi antibiotici e spesso a sproposito. Questo ci colloca nelle posizioni peggiori in Europa, specie dopo la pubblicazione delle Linee guida europee per un uso appropriato degli antibiotici. Per correre ai ripari il ministero della Salute ha presentato un “Piano nazionale di contrasto all’antimicrobico-resistenza”, attualmente al vaglio della Conferenza delle Regioni. L’obiettivo? Ridurre il consumo degli antibiotici sia per uso umano sia veterinario.
I rischi dell’antibiotico-resistenza
L’antibiotico-resistenza è quella condizione, indotta da un uso eccessivo e inappropriato di questi farmaci, in base alla quale i batteri sono in grado di resistere all’azione degli antibiotici, facendo sì che alcune infezioni batteriche risultino non più debellabili. Secondo i dati attualmente disponibili le infezioni batteriche resistenti in Italia colpiscono ogni anno oltre 280mila soggetti, provocando tra i 4.500 e i 7.000 decessi (la maggioranza dei casi in ospedale, meno di un decimo a domicilio). A livello globale si stima che nel 2050 i batteri resistenti agli antibiotici uccideranno una persona ogni tre secondi, mietendo nel mondo 10 milioni di vittime.
Il Piano nazionale
Gli obiettivi del “Piano nazionale di contrasto all’antimicrobico-resistenza” contro il consumo di troppi antibiotici sono ambiziosi: ridurre del 10% il consumo di questi farmaci acquistati in farmacia, del 5% quelli somministrati in ospedale e del 30% quelli a uso veterinario. Oltre a cercare di sensibilizzare medici, farmacisti e cittadini a un più corretto uso degli antibiotici con apposite campagne informative, il progetto del ministero punta a sorvegliare i cosiddetti “super-batteri” mediante un apposito sistema di allerta per le segnalazione di nuovi casi e laboratori di riferimento per la loro caratterizzazione molecolare.
I batteri più resistenti
Secondo le tabelle presenti nel Piano nazionale di contrasto all’antimicrobico-resistenza”, per esempio, la Klebsiella pneumoniae, responsabile di diversi decessi soprattutto tra i pazienti ospedalizzati, nel nostro Paese è resistente alle terapie in oltre il 55% dei casi contro una media europea del 30,3%, mentre l’Escherichia coli è resistente alle cefalosporine (antibiotici) nel 30,1% dei casi contro una media europea del 13,1. E, tanto per ribadire che la situazione è grave, l’Acinetobacter, uno dei 10 batteri più pericolosi per l’uomo diffuso soprattutto in ambiente ospedaliero, nel nostro Paese resiste alle terapie antibiotiche nel 78,3% dei casi.