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La terapia ormonale sostitutiva (Tos) per la menopausa finisce nuovamente sul banco degli imputati. Un’analisi pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet, infatti, dimostra che fra uso del trattamento a base di ormoni e aumento del rischio di sviluppare un tumore al seno c’è effettivamente una correlazione. Come bisogna comportarsi dunque? Cerchiamo di fare chiarezza.
Lo studio su oltre 100.000 donne
La Tos è una cura a base di quegli ormoni che durante la vita fertile erano prodotti dalle ovaie e che, con l’entrata in menopausa, smettono di essere sintetizzati, causando conseguenze più o meno marcate. Gli autori della nuova analisi hanno preso in esame tutti gli studi realizzati fra il 1992 e il 2018 mirati a valutare l’impatto della terapia ormonale sostitutiva sul tumore al seno. Complessivamente, questi studi avevano coinvolto oltre centomila donne: di queste, circa la metà aveva fatto o stava ancora facendo uso di ormoni. La durata media del trattamento era molto lunga: dieci anni nelle donne che ancora prendevano i farmaci e sette in chi li aveva smessi.
Il rischio aumenta con l’aumentare della durata
Esaminando tutti i dati, gli esperti hanno scoperto che tutti i tipi di Tos, a eccezione degli estrogeni somministrati per via vaginale, si sono associati a un rischio aumentato di tumore al seno. Il rischio aumentava all’aumentare della durata della cura. Non solo: è risultato più elevato anche nelle donne che insieme agli estrogeni prendevano i progestinici. Gli autori hanno calcolato che, nel campione esaminato, i casi di tumore al seno dai 50 ai 70 anni sono stati circa 63 ogni mille donne fra chi non avevo mai preso ormoni. Non solo: hanno anche visto che il rischio cresceva del 7,2% per le cure con soli estrogeni e del 9-10% per le Tos continuative con estrogeni e progestinici. Metà del rischio era concentrato nei primi cinque anni, il resto nei 15 anni seguenti ed era maggiore nei trattamenti di lunga durata. Gli studiosi hanno anche notato che le probabilità di ammalarsi erano minime se la terapia ormonale sostitutiva veniva utilizzata per meno di un anno o era a base di estrogeni per via vaginale, che non raggiungono quindi la circolazione sanguigna.
Non è il caso di allarmarsi
Secondo l’International Menopause Society non è comunque il caso di preoccuparsi. Le conclusioni dell’analisi, infatti, non sono una novità per gli esperti. Fra l’altro, i regimi ormonali terapeutici degli studi presi in esame sono diversi da quelli attualmente in uso. In sostanza, per gli esperti, occorre valutare sempre caso per caso il rapporto costi-benefici della terapia ormonale sostitutiva, tenendo conto non solo dell’impatto sul rischio di tumore al seno, ma anche dei benefici su sistema cardiovascolare e osteoporosi, oltre che sulla qualità di vita.