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I 500.000 italiani che soffrono di Sindrome da stanchezza cronica spesso non riescono a far comprendere il malessere e i disagi che ne conseguono. Questo tipo di fatica infatti scompare con il riposo, ma dura a lungo, arrivando a limitare la capacità di portare a termine anche le attività quotidiane più semplici. Una patologia talmente invalidante da impedire di frequentare la scuola, lavorare o uscire di casa.
Difficile da riconoscere
La Sindrome da stanchezza cronica o Cfs (Chronic fatigue syndrome) è difficile da catalogare e diagnosticare: ha sintomi aspecifici, non se ne conosce la causa, non esiste un test con cui identificarla. La diagnosi prevede, quindi, che il medico escluda la presenza di altre malattie prima di poter parlare di Sindrome da stanchezza cronica. Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di Oncologia medica del Cro di Aviano, tra i primi ad occuparsene, ha spiegato che spesso alla prima visita i malati descrivono la malattia come un’influenza cronica. I sintomi, infatti, tra i quali dolori diffusi, spossatezza, ghiandole di collo e ascelle gonfie, difficoltà a concentrarsi, possono sembrare quelli di una forma influenzale.
Si cerca un bio-marcatore per la diagnosi
In Italia i centri specializzati sono pochissimi e i malati devono combattere anche con lo scetticismo di molti medici che credono si tratti di un disturbo psichiatrico, una forma di depressione. Per togliere i dubbi servirebbe un bio-marcatore per individuare la malattia. Uno studio della University of California di San Diego suggerisce un metodo diagnostico con un semplice test del sangue. I ricercatori, studiando campioni di sangue di 45 persone con Cfs, hanno analizzato i livelli di 612 sostanze chimiche legate al metabolismo cellulare, trovando una decina di metaboliti che sembrano presenti in quantità minore in tutti i pazienti, e che, utilizzati come test diagnostico, sembrerebbero garantire una precisione superiore al 90%. L’ipotesi formulata in base ai nuovi test è che i sintomi potrebbero derivare da una risposta anomala dell’organismo a diverse fonti di stress, che spingerebbe le cellule a un rallentamento metabolico.
Il microbioma intestinale
Un altro studio della Cornell University ha individuato dei marcatori biologici in un tipo di microbioma intestinale anomalo. Gli autori hanno inoltre scoperto nei campioni ematici dei pazienti, rilasciati in circolo da un intestino dalle funzionalità compromessa, alcuni marcatori biologici di infiammazione, che una volta nel sangue, potrebbero scatenare una reazione immunitaria alla base dei sintomi della sindrome.
Tante cause diverse
Probabilmente la malattia ha cause diverse. Una delle più condivise è che la Cfs sia legata a un malfunzionamento del sistema immunitario. La priorità è, quindi, individuare il meccanismo scatenante della malattia, perché solo così sarà possibile sviluppare un trattamento risolutivo.