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La sindrome dell’intestino irritabile, o colon irritabile, è una condizione molto comune e debilitante che colpisce circa il 50% degli italiani, in prevalenza donne. Si manifesta con irregolarità intestinale, tensione addominale e dolore più o meno intenso. Se non trattata opportunamente può peggiorare e diventare cronica.
Tante cause diverse
La sindrome dell’intestino irritabile è un disordine funzionale dell’apparato gastrointestinale, cioè una malattia che altera le funzioni dell’apparato digerente, in particolare del colon. È caratterizzato principalmente da dolore addominale e altri sintomi (diarrea e/o stipsi, gonfiore e presenza di gas, nausea, vomito, difficoltà a digerire) comuni a diverse patologie gastrointestinali, cosa che la rende una malattia non facile da diagnosticare. Questi sintomi possono essere più o meno intensi, a seconda della gravità della patologia e di solito tendono a peggiorare nei periodi di forte stress. Le origini esatte non sono ancora state identificate. Fino a pochi anni fa si attribuiva tutto a un’alterazione della funzione intestinale, dovuta a uno squilibrio della flora batterica di stomaco e intestino. Per questo veniva anche definita colite spastica. Secondo ricerche più recenti è emersa come causa l’alterazione del microbiota o della flora batterica intestinale. Inoltre tra le cause vengono considerati anche fattori psico-sociali (aspetti cognitivi ed emotivi) e fattori biologici (predisposizione e suscettibilità individuale, percezione soggettiva del dolore).
L’importanza dell’alimentazione
L’educazione alimentare è molto importante. Ci sono, infatti, alimenti che contribuiscono a peggiorare il problema, perché non vengono digeriti in maniera appropriata, richiamano acqua e creano gonfiore e tensione addominale. Tra gli alimenti da evitare ci sono la caffeina, gli alcolici e le bevande eccitanti che tendono a irritare la mucosa intestinale e intensificare ansia e stress. In alcuni casi la sindrome dell’intestino irritabile può essere associata all’intolleranza al glutine. Il trattamento farmacologico prevede l’utilizzo di farmaci antispastici e antidepressivi.
La terapia cognitivo-comportamentale
Dal momento che in diversi casi i trattamenti farmacologici non sono risolutivi, oggi si possono affiancare altre terapie quali la terapia cognitivo comportamentale, che si sono dimostrate efficaci nella cura della sindrome dell’intestino irritabile. Il trattamento cognitivo comportamentale prevede varie componenti, che riguardano anche l’alimentazione, il ciclo sonno-veglia, l’apprendimento di tecniche di rilassamento, strategie di gestione dell’ansia e l’educazione all’assertività. Si interviene sui pensieri automatici negativi, che accompagnano i sintomi e che, aumentando la componente ansiosa, aggravano la percezione di dolore corporeo e disagio emotivo. Molte ricerche hanno esplorato gli effetti, sia nel breve che nel lungo termine, di approcci basati sulla Mindfulness, rilevandone i benefici. Con le tecniche di Mindfulness si sviluppa un atteggiamento di non reazione ed accettazione delle emozioni e delle sensazioni negative.