Argomenti trattati
Chi l’ha sperimentato sa che è qualcosa di davvero fastidioso, e purtroppo succede a molte persone. Avere il naso costantemente chiuso e la sensazione di non riuscire a respirare, ossia la sindrome del naso vuoto, è una situazione che si riscontra con sempre maggior frequenza per via dell’aumentata richiesta di chirurgia funzionale ed estetica nasale.
Spesso conseguenza dell’intervento
Gli interventi per la riduzione dei turbinati inferiori, le strutture osteo-mucose poste all’interno delle cavità nasali, che spesso sono più di uno nel corso della vita, possono dare origine a un sintomo paradosso tipico della sindrome del naso vuoto: più si asporta tessuto con le operazioni, più il paziente ha la sensazione che ci sia un’ostruzione da eliminare. I fastidiosi sintomi del naso vuoto portano, infatti, la persona a rivolgersi al chirurgo che, decidendo per un secondo intervento, rischia di peggiorare la situazione anziché arrivare a una risoluzione. “In alcuni pazienti” spiega il professor Stefano Di Girolamo, responsabile della unità di Otorinolaringoiatria del Policlinico Tor Vergata, “si può arrivare a danni irreversibili delle delicate strutture del naso, simili a quelli che si registrano in coloro che fanno uso di cocaina. L’aria non segue più un flusso dinamico ma turbolento e il paziente, non percependo più il flusso dell’aria per colpa della distruzione dei recettori mucosali, lamenta un’ostruzione cronica”.
Non escluse infezioni locali
La sindrome del naso vuoto, poi, si accompagna spesso alla comparsa di infezioni locali: sulle croste si annidano germi patogeni che provocano una particolare forma di rinite cronica con la percezione di cattivo odore continuo, un sintomo molto fastidioso che penalizza la qualità della vita.
L’intervento innovativo
Esistono varie tecniche che cercano di risolvere il problema ricostruendo i turbinati inferiori. Quella ideata dal professor Di Girolamo prevede di ruotare lateralmente la mucosa dal pavimento del naso del paziente senza utilizzare materiali estranei o prelevati da altre zone, a eccezione di un inserto di cartilagine del padiglione auricolare. “Le persone sino a ora sottoposte a questa tecnica negli ultimi due anni hanno un’età tra i 40-50 anni” commenta il professore.
Fonti / Bibliografia
- Home - Stefano Di GirolamoIl Professor Stefano Di Girolamo è Specialista in Audiologia, Otorinolaringoiatrica e Chirurgia Cervico Facciale e docente universitario a Tor Vergata.