Argomenti trattati
Molte donne scelgono di rifarsi il seno per motivi estetici, ma tante altre utilizzano delle protesi al seno per scopi ricostruttivi. Oggi c’è maggiore attenzione rispetto al passato sui materiali utilizzati, ciò nonostante esisterebbe una relazione tra le protesi al seno e una rara forma di linfoma.
Un tumore raro
È quanto sostiene uno studio della Penn State University, pubblicato sulla rivista medica Jama Surgerym: ogni anno una donna su 30mila con protesi al seno sviluppa un linfoma anaplastico a larghe cellule. Sotto accusa, in particolare, le protesi testurizzate, ovvero quelle con superficie rugosa, che provocherebbero uno stato di infiammazione cronico, a sua volta causa dello sviluppo del linfoma.
La situazione in Italia
Nel nostro Paese ogni anno vengono impiantate circa 49mila protesi al seno e, a oggi, si contano 25 casi di linfoma anaplastico a grandi cellule (dati del ministero della Salute); un numero esiguo, dunque, ma in costante aumento.
Importante scoprirlo presto
Il linfoma a grandi cellule associato alle protesi al seno è un tumore a prognosi favorevole nelle donne malate, a patto di rimuovere sia le protesi sia il tessuto circostante: solo 5 delle 95 donne analizzate nel corso della ricerca sono decedute a causa della malattia. Infatti, se il linfoma viene scoperto quando è ancora confinato al seno può essere facilmente risolto. Quando, invece, si diffonde e invade linfonodi e altre sedi, diventa più aggressivo e deve essere trattato con la chemioterapia.
I segnali da osservare
Bisogna prestare attenzione a uno strano aumento delle dimensioni della mammella, dovuto a infezioni, infiammazioni o, più di rado, presenza di un nodulo. La diagnosi si ottiene prelevando il liquido che si forma intorno alla protesi.