Argomenti trattati
Dal punto di vista fisico apporta diversi benefici: tanto per citarne alcuni, allunga le fibre muscolari senza traumi e migliora la funzionalità delle articolazioni. Dal punto di vista psicologico, poi, migliora l’umore e libera la mente dai pensieri negativi. È ormai risaputo che la pratica dello yoga possa far bene a individui di diverse età e condizioni (come per esempio durante la gravidanza). Che però, in particolare, possa giovare anche a chi è predisposto alla pressione alta, riducendo – almeno in parte – il rischio di sviluppare ipertensione, è quanto ha scoperto un gruppo di ricercatori indiani in uno studio presentato nel corso della 68esima Conferenza annuale della Società cardiologica dell’India (Csi) a Kochi.
Che cos’è la pre-ipertensione?
Si tratta di una condizione caratterizzata da una pressione sanguigna sopra i 120/80 mmHg (valori considerati normali) e fino a 139/89 mmHg. Se non migliorano il loro stile di vita, i soggetti con pre-ipertensione hanno elevate probabilità di sviluppare l’ipertensione vera e propria; inoltre la pre-ipertensione è una condizione che aumenta in modo significativo il rischio di incorrere in infarto, ictus e scompenso cardiaco.
Le sani abitudini non bastano
Per valutare gli effetti preventivi contro la pressione alta dello yoga i ricercatori hanno monitorato due gruppi – per un totale di 60 persone – di uomini e donne sani ma con pre-ipertensione: per tre mesi uno dei due gruppi doveva modificare il proprio stile di vita (migliorare l’alimentazione, fare esercizio fisico), mentre nello stesso lasso di tempo l’altro gruppo doveva, in abbinamento ai cambiamenti di stile di vita tradizionali, aggiungere la pratica dello yoga.
Effetti anti-ipertensivi
I ricercatori hanno riscontrato che, mentre il gruppo che aveva modificato lo stile di vita in modo tradizionale non mostrava alcun cambiamento significativo nei valori della pressione sanguigna, in quello che aveva fatto yoga la pressione arteriosa media nelle 24 ore risultava diminuita di circa 4,9 mmHg, e inoltre risultava inferiore anche la pressione minima (diastolica) sia nell’arco delle 24 ore sia durante la notte.
Cala rischio ictus e infarto
“Anche se il calo è stato modesto – spiegano gli autori dello studio – potrebbe essere clinicamente molto significativo, perché già una diminuzione di soli 2 mmHg nella pressione diastolica ha il potenziale di ridurre il rischio di malattia coronarica del 6% e il rischio di ictus e attacco ischemico transitorio del 15%”.