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Gli screening di prevenzione, come mammografie e pap test, che non si sono effettuati per almeno due mesi, in quanto non considerate procedure d’urgenza, devono ripartire al più presto, altrimenti nei prossimi anni, a causa del ritardo diagnostico, rischiamo di registrare un aumento di tumori.
Importantissimo ripartire con gli screening
È quanto affermato da Viviana Egidi, docente di statistica sanitaria all’Università La Sapienza di Roma, e da Marco Zappa, presidente dell’Osservatorio Nazionale Screening.
La mammografia, il pap test e la ricerca del sangue occulto nelle feci sono esami fondamentali per impedire che si sviluppi la malattia, contrastandola in una fase in cui la percentuale di sconfiggerla è molto elevata. Infatti da anni, ormai, per eliminare questi tipi di tumore ci si affida molto alla prevenzione.
A partire dall’11 marzo la possibilità per i cittadini italiani di sottoporsi ai tre programmi di screening previsti dal Servizio sanitario nazionale è stata, però, congelata ovunque. Per due ragioni: la difficoltà nel contenere il rischio di contagio e il riposizionamento di molti operatori sanitari nei reparti destinati all’assistenza ai malati di Covid-19 Da qui la decisione di sospendere le attività di primo livello, consistenti nell’invio delle lettere di invito e negli esami di base: ovvero mammografie, pap test, Hpv-test e la ricerca del sangue occulto nelle feci. Adesso che negli ospedali e negli ambulatori ci si avvia a far ripartire anche tutte le altre prestazioni, occorre farlo anche con gli screening oncologici.
Tornare alla normalità in sicurezza
Secondo gli esperti se il sistema sanitario si attrezza per far fronte agli esami che non sono stati fatti in questi mesi allora è possibile che entro la fine dell’anno si riesca a riassorbire il tutto. L’obiettivo è ripristinare ovunque i servizi entro l’estate, rispettando condizioni chiare: dalla sicurezza degli operatori sanitari all’adozione di misure di prevenzione rivolte agli utenti, dalla riorganizzazione delle attività in più strutture sul territorio (in modo da evitare assembramenti) a una rimodulazione che consideri delle priorità da stabilire in base ai livelli di rischio individuale.