Argomenti trattati
Mentre un tempo le malattie del cuore rappresentavano un problema soprattutto per gli uomini, oggi sono il primo motivo di mortalità e disabilità nelle donne dopo i 50 anni. Addirittura, le stime riguardo il decesso salgono al 55% per le donne, mentre colpiscono “solo” il 43% degli uomini. E a favorirle fattori finora poco considerati e sempre più femminili, come la depressione e lo stress.
La depressione, malattia rosa
I nuovi fattori di rischio che favorsiscono le malattie del cuore femminile sarebbero da ricondurre quindi a malattie “rosa”, come stress e depressione. I numeri sono sfavorevoli per le donne: quasi 3 milioni in Italia sono colpite da depressione, con una proporzionalità doppia rispetto agli uomini.
Stress peggio del fumo
Oltre ai classici fattori di rischio di malattie del cuore, tra cui ipertensione arteriosa, fumo di tabacco, sovrappeso e diabete, ad aggravare il quadro sarebbe proprio lo stress cronico, un problema sempre più femminile. Altre ricerche confermano che lo stress reiterato nel tempo aumenta il rischio di infarto e ictus come, se non di più, il tabagismo e la pressione alta.
La medicina di genere serve a prevenire
Durante l’ultimo Congresso nazione di Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna, si è parlato della medicina di genere, cioè quella differenziata tra femminile e maschile. Uomini e donne hanno significative differenze genetiche e ormonali, soprattutto per quanto riguarda le malattie del cuore e le patologie cardio-cerebro-vascolari. A questo proposito sono fondamentali prevenzione e campagne di sensibilizzazione.
Ritardi diagnostici
Come afferma Francesca Merzagora, presidente Onda, “la salute delle donne in Italia è migliorata, ma talune patologie sono ancora molto impattanti: sul fronte della salute mentale la depressione nelle adolescenti e nelle giovani donne cresce a ritmi sostenuti, mentre il primo episodio depressivo in età avanzata è oggi considerato un prodromo di demenza. Le malattie cardio vascolari, prima causa di morte per le donne italiane, si accompagnano ancora aduna scarsa consapevolezza della popolazione femminile che comporta ritardi diagnostici e terapeutici”.