Argomenti trattati
L’hanno chiamata “pallottola d’argento”: una metafora per alludere al fatto che il mal di testa, disturbo che affligge circa il 12% della popolazione italiana, anche i bambini, è come un vampiro che tormenta il corpo e fiacca lo spirito. Si tratta di un’iniezione di anticorpi monoclonali, principi attivi che rappresentano la nuova frontiera della ricerca in campo farmacologico, oltre che la grande speranza per tutti coloro che soffrono di cefalea.
Frutto dell’ingegneria genetica
Gli anticorpi monoclonali sono principi attivi ottenuti grazie a sofisticate tecniche di ingegneria genetica. Sono tutti uguali a se stessi, cioè cloni (da qui il nome) e puntano a un identico bersaglio: una determinata molecola. Quelli destinati al controllo del mal di testa mirano a neutralizzare il CGRP, dall’inglese “calcitonin gene relate peptide”. Si tratta del peptide (molecola formata da due o più aminoacidi) rilasciato dal trigemino, nervo che origina dalle testa per diramarsi fino al viso, ed è implicato nella comparsa dell’attacco di mal di testa. Se l’ultima fase della sperimentazione si concluderà felicemente (come pare, visti i risultati incoraggianti ottenuti finora), le persone che soffrono di attacchi di mal di testa potranno effettuare un’iniezione (sottocute) al mese per un anno, dopodiché si potrà eventualmente aggiustare la cura caso per caso, in base alla risposta fornita da ogni singola persona.
Una simil-vaccinazione
A proposito delle iniezioni di anticorpi monoclonali contro il mal di testa è spesso usato il termine “vaccinazione”. In realtà è una definizione impropria dal punto di vista medico, nonostante questa cura abbia in comune con i vaccini il fatto che vi si ricorre per impedire che il disturbo compaia, quindi in un’ottica di prevenzione. Gli anticorpi monoclonali si impiegano cioè non per combattere l’attacco di dolore, ma per contrastarne l’arrivo. Per quanto riguarda le forme di mal di testa su cui risulteranno più efficaci, bisognerà attendere che la terza fase della sperimentazione si concluda per saperlo con precisione.
La ricerca durata diversi anni
Qualsiasi nuovo principio attivo, prima di essere commercializzato, viene sottoposto a una verifica lunga e complessa, volta a identificarne con esattezza le proprietà, gli eventuali effetti indesiderati, il rapporto tra rischio e beneficio. La ricerca varia dai 7 ai 10 anni e prevede diversi passaggi. I primi sono “in vitro” (in provetta) e “in vivo” (sugli animali), dopodiché si passa a tre fasi successive, dette di “sperimentazione clinica”, in cui il farmaco viene testato sull’uomo.