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Si chiama sindrome faccettale o sindrome delle faccette articolari ed è, in tutta Europa, la causa di mal di schiena cronico nel 10-15% delle persone che ne soffrono. È una forma di “spondilosi degenerativa”, disturbo caratterizzato dalla lenta ma progressiva degenerazione delle strutture che formano la colonna vertebrale. In passato interessava prevalentemente gli over 50, prediligendo il sesso maschile, mentre negli ultimi anni viene identificata come la causa del mal di schiena in persone sempre più giovani, tra i 20 e i 40 anni. Pare addirittura che colpisca un giovane su 5.
Postura scorretta, ma anche troppo sport (sbagliato)
Secondo il professor Pier Vittorio Nardi, presidente del Cismer, Associazione di chirurgia italiana spinale mini-invasiva e robotica e responsabile della Chirurgia vertebrale dell’ospedale Cristo Re di Roma, l’aumento del disturbo nei giovani è in relazione con le posture sbagliate, le attività fisiche usuranti e, in particolare, con gli esercizi sbagliati con i pesi. La corsa, il body building (che ha conosciuto grande fortuna negli ultimi anni), così come qualsiasi altro sport impegnativo per il fisico possono, infatti, creare un sovraccarico sui dischi della colonna, che può comprometterne l’integrità. La conseguenza è la comparsa di mal di schiena che si protrae per tutta la giornata.
I campanelli d’allarme
Ecco i sintomi cui fare attenzione:
- dolore profondo nella zona lombare della schiena, che spesso prevale su un lato;
- dolore all’inguine, alla coscia, alla natica e alla cresta iliaca;
- aumento del dolore quando si inarca la schiena all’indietro;
- aggravamento del dolori quando si sta in piedi o seduti; diminuzione del dolore quando ci si sdraia;
- sensazione di rigidità della colonna.
Come intervenire
Quando il mal di schiena dovuto alla sindrome faccettale diventa invalidante e richiede un impiego continuo di antinfiammatori occorre rivolgersi all’ortopedico. In Italia il professor Nardi ha introdotto da qualche mese la tecnica DenerveX: si effettua in anestesia locale, è poco invasiva, non espone a rischi e consente un rapido recupero della mobilità. Si esegue con un dispositivo progettato proprio per l’ablazione (rimozione) rotazionale del tessuto nervoso e capsulare sulla superficie posteriore della faccetta articolare. In pratica, la metodica permette di addormentare il nervo di Luschka, che passa tra le due faccette lombari, assicurando la scomparsa del dolore. Il beneficio che si ottiene è più duraturo rispetto a quello prodotto dalle procedure tradizionali di denervazione basate su radiofrequenza. A oggi sono stati trattati oltre 20 pazienti con risultati incoraggianti: i casi in cui il dolore è stato ridotto a zero oscillano tra il 70% e il 100%. Quello che ancora non si sa è ogni quanto il trattamento vada ripetuto, se a distanza di 6 mesi o uno-due anni.