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In Italia sempre più giovani sono a rischio contagio da Hiv. Nel nostro Paese, infatti, la diffusione dell’Aids non cala, ma è anzi in continuo aumento soprattutto tra i giovani omosessuali maschi. Numeri molto alti riguardano anche gli eterosessuali e i tossicodipendenti. La malattia dell’Aids, che in Occidente esiste ormai da 35 anni, registra in Italia dati preoccupanti. Sono 3.695 le persone che nel 2014 hanno scoperto di essere sieropositive. E queste cifre purtroppo negli ultimi tre anni non sono diminuite.
Si fa poca prevenzione
La prevenzione, dunque, non funziona se in Italia sempre più giovani sono a rischio contagio da Hiv. Un fattore preoccupante è messo in evidenza da studi condotti dall’Istituto superiore di sanità (Iss), secondo i quali l’infezione interessa soprattutto i giovani tra i 25 e i 29 anni che, otto volte su dieci, si contagiano durante i rapporti sessuali perché non utilizzano il preservativo. Nel 40% dei casi sono omosessuali maschi. I dati dell’Iss parlano anche di nuove diagnosi, cioè di moltissime persone (appunto 3.695) che sono venute a conoscenza del loro stato nel 2014 ma che probabilmente sono state contagiate molti anni addietro. La malattia non è regredita e, quindi, i programmi di prevenzione non stanno funzionando come dovrebbero. Il rischio è che la situazione peggiori e che aumentino in modo esponenziale altri casi.
Che cosa si può fare
Sono due le proposte avanzate per limitare l’impatto dell’infezione nei Paesi occidentali: una è identificabile con la sigla Prep e l’altra Start. Prep (PRe Exposure Profilaxis) indica la possibilità di somministrare farmaci anti-Hiv (in particolare una pillola composta da due antivirali, emtricitabina e tenofovir) in popolazioni a rischio di contrarre l’infezione. Questa profilassi preventiva andrebbe raccomandata almeno al 25% degli uomini omosessuali o bisessuali sessualmente attivi, al 20% degli adulti che si iniettano droga e all’1% di eterosessuali. Per quanto riguarda la terapia vera e propria lo studio Start, pubblicato lo scorso settembre dalla rivista americana New England Journal of Medicine, stabilisce che il diktat oggi è: test and treat, cioè fai il test per verificare la sieropositività all’Hiv e, se questa c’è, tratta subito perché è meglio in termini di riduzione della trasmissione dell’infezione e per controllare l’evoluzione del contagio nel singolo paziente. Gli esperti sostengono che la terapia debba sempre essere effettuata caso per caso tenendo conto delle esigenze di ciascuna persona.