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I malati di Hiv che consapevolmente espongono i partner sessuali all’infezione rischiano il carcere. L’incidenza dell’Hiv non è diminuita, anche se in coppia si parla poco e nei rapporti il rischio viene, a volte, affrontato con una pericolosa leggerezza.
Aumentano le cause legali per l’infezione
Secondo gli avvocati del network “View legal net”, le cause che riguardano l’infezione da Hiv seguite dai legali sono cresciute di circa il 10% negli ultimi due anni. Sarebbero 60mila i malati in Italia a non raggiungere il controllo della carica virale con le terapie; ciò significa che queste persone potrebbero infettare i partner. E, cosa più grave, sarebbero 12mila le persone infette senza saperlo. Ogni anno si registrano circa 3.800 nuovi casi di infezione da Hiv, l’84% dei quali riguarda persone che si sono ammalate attraverso il contatto sessuale.
Previste eccezioni
E se una persona contrae il virus Hiv senza saperlo e lo trasmette al proprio partner? Salvatore Frattallone, penalista ed esperto in diritto della privacy e protezione dei dati personali spiega che “nei casi di contagio da Hiv è necessaria una previa indagine circa l’effettiva volontà di contagio da parte della persona infetta: occorre, ai fini della rilevanza penale della condotta, che l’evento derivato dal contagio (la morte o le lesioni) sia voluto dal reo. Se l’infetto non è a conoscenza del proprio stato di sieropositività (purché ciò risulti processualmente accertato) va esclusa la sua punibilità perché non è in dolo né in colpa”.
Lo scoglio della privacy
Diversa è invece la responsabilità se una persona sa di avere l’Hiv, prende precauzioni ma non mette a conoscenza dei rischi il proprio partner. “La persona affetta da Hiv – continua Frattalone – ha diritto alla protezione della “notizia” relativa al suo stato morboso e le strutture sanitarie sono autorizzate a comunicarlo a soggetti terzi (ivi compresi il coniuge o i conviventi) solo se c’è stata una preventiva delega scritta rilasciata dall’interessato. Allo stato attuale lo scoglio è arginabile solo attraverso campagne di sensibilizzazione volte a “convincere” la persona infetta a rendere noto il proprio stato almeno alle persone con cui intrattiene rapporti sessuali. La comunicazione, però, è una decisione che spetta esclusivamente all’interessato”.
Il malato punibile a titolo di colpa
Il malato deve essere sicuro di aver preso tutte le precauzioni possibili per evitare il contagio al partner. Diversamente sarebbe punibile a titolo di colpa (causa il virus senza volerlo): “Il rischio che l’altra persona possa contrarre il virus, riportando lesioni gravissime o, addirittura, perdendo la vita, rende punibile l’untore a titolo di dolo eventuale per il reato, rispettivamente, di lesioni o omicidio volontari”.
Il contagio madre-figlio
Se una donna non sa di essere contagiata e trasmette al figlio l’Hiv durante il parto “non è punibile perché non sapeva del suo stato e quindi ha agito senza dolo né colpa. Diverso, naturalmente, se la donna, già consapevole del suo stato di salute prima di rimanere incinta, abbia deliberatamente scelto di avere un figlio, accettando il rischio della sua morte o delle sue lesioni, a causa di un probabile contagio. In questo caso, la condotta diventa penalmente rilevante a titolo di dolo eventuale, ed è l’ipotesi più grave”. Se quindi un persona malata agisce sapendo di arrecare un danno grave viene perseguita penalmente.