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Il diabetologo italiano Camillo Ricordi, direttore del Diabetes Research Institute e Cell Transplant Center dell’Università di Miami, ha spiegato i dettagli di un trattamento allo studio, già usato per il diabete di tipo 1 e oggi al vaglio per Covid-19: una terapia basata sull’utilizzo di cellule staminali mesenchimali ottenute dal cordone ombelicale.
I benefici delle cellule staminali
Ricordi ha spiegato che quando c’è stata la crisi del coronavirus Sars-Cov-2 e sono iniziati i primi casi in Cina, avevano già l’approvazione della Fda (Food and drug administration) statunitense per fare dei protocolli per curare il diabete di tipo 1 con queste infusioni. Da un singolo cordone si possono estrarre ed espandere le cellule staminali e si riescono a produrre addirittura oltre 10mila dosi terapeutiche. Se dovessero essere confermati i risultati positivi descritti da Ricordi, si avrebbe a disposizione una terapia che costa molto poco: poche centinaia di euro per trattamento.
Nel diabete funziona già
Nel diabete le cellule staminali vengono usate perché hanno un’azione antinfiammatoria e immunomodulante, contrastano la tempesta di citochine, hanno anche un’azione antivirale e antibatterica e promuovono la rigenerazione dei tessuti. Qualità utili anche contro il Covid-19. Tanto più che, mentre per il diabete 1 occorre far arrivare queste cellule nel pancreas e quindi cateterizzare l’arteria femorale e risalire all’arteria dell’organo bersaglio, con il Covid sarebbe più semplice perché una trasfusione di sangue in vena periferica le porterebbe direttamente ai polmoni.
Una guarigione più rapida
In Cina è già stato dimostrato che le cellule staminali funzionano nel Covid-19, ma non c’era un gruppo di controllo. Il protocollo consisteva in due infusioni di 100 milioni di cellule a distanza di 72 ore, con la possibilità di testare nel giro di una sola settimana i primi effetti. Le staminali utilizzate si sono dimostrate sicure, senza effetti collaterali legati alle infusioni. Ma i risultati indicano anche un significativo miglioramento del tempo di ricovero e dimissione dall’ospedale, possibile in meno di 2 settimane, mentre la maggioranza del gruppo di controllo era ancora ricoverato dopo 4 settimane. La sopravvivenza è stata superiore al 90% nei pazienti di tutte le età, a fronte di un valore inferiore al 50% nel gruppo che non ha ricevuto le infusioni.
Da sapere!
Ricordi ha annunciato una serie di incontri anche in Italia per capire se sia possibile creare una banca di cellule staminali per distribuirle in Europa, ma esistono già gruppi nel nostro Paese, come quello di Massimo Dominici dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che coordina 4 centri italiani impegnati su protocolli simili.