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Uno studio della University of Pennsylvania Perelman School of Medicine, pubblicato sulla rivista scientifica Science, primo firmatario l’italiano Paolo Zanoni (ora all’università di Zurigo), suggerisce che non sempre avere elevati valori di colesterolo “buono” Hdl , tradizionalmente considerato “protettivo” per il sistema cardiovascolare, significa essere a basso rischio di infarto o aterosclerosi. Dalla ricerca è emerso, infatti, che l’aumento dei livelli di Hdl non solo non riduce l’incidenza della malattia coronarica ma anzi incrementa la possibilità di sviluppare aterosclerosi.
La differenza tra colesterolo buono e cattivo
Il colesterolo è una sostanza lipidica presente nel nostro corpo, in parte perché prodotta dal fegato e in parte perché ingerita con determinati alimenti e si distingue in Ldl, a bassa densità di lipoproteine (il colesterolo cattivo) e in Hdl, ad alta densità di lipoproteine (il colesterolo buono). L’Ldl ha una consistenza più “appiccicosa” e tende ad attaccarsi alle pareti delle arterie, restringendole. Questo provoca un aumento della pressione arteriosa e rischi di trombosi per la maggiore tendenza del sangue a coagulare. L’Hdl ha la funzione di catturare l’Ldl e riportarlo verso il fegato per il suo naturale smaltimento nella bile. Per questo motivo si ritiene che elevati valori di Hdl possano essere garanzia di minori rischi cardiovascolari.
Il recettore mancante
Uno dei meccanismi attraverso cui le Hdl proteggono dalla malattia coronarica consiste nella loro capacità di prelevare l’Ldl dalle placche aterosclerotiche e di riportarlo al fegato, che lo eliminerà poi nella bile, in un processo chiamato Trasporto inverso del colesterolo (Rct). Il fegato, per essere in grado di ricevere il colesterolo dalle Hdl, utilizza un recettore chiamato “Sr-Bi”. Scarb1 è il gene che lo codifica, ma se non si ha quel recettore si è più sensibili a sviluppare aterosclerosi, nonostante livelli molto alti di colesterolo Hdl.
Una mutazione genetica
Per cercare di capire cosa accade, il gruppo della Penn University diretto dal professore Dan Rader ha osservato un campione di 328 soggetti con valori molto elevati di colesterolo Hdl. I ricercatori hanno sequenziato il Dna identificando la mutazione P376L in Scarb1 e scoperto che essa distrugge la funzione di Scarb1. Inoltre, hanno appurato che nei soggetti privi del recettore il colesterolo Hdl si accumula nel plasma, senza essere eliminato nella bile e interrompendo di fatto l’Rct, e che i soggetti con la variante genetica hanno un valore Hdl più alto e un più alto rischio di malattia coronarica. Quindi, la protezione dai rischi cardiovascolari non sarebbe dovuta alla quantità di Hdl, ma al suo funzionamento.