Argomenti trattati
L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) alza l’asticella in tema di burnout. Lo stress cronico derivato da una condizione lavorativa non ottimale passa così da stato di esaurimento a vera e propria sindrome. La nuova classificazione rappresenta un ulteriore tassello nel percorso di riconoscimento di un problema mentale e fisico che colpisce sempre più persone, soprattutto nelle società più industrializzate.
Esaurimento fisico e mentale
Sotto la definizione di burnout ricadono normalmente stati di stress ed esaurimento fisico e mentale: dall’alienazione al senso di mancata realizzazione personale, dall’isolamento alla vera e propria depressione mentale e fisica. Quella che l’Oms indica come nuova sindrome colpisce principalmente quei lavoratori che professionalmente devono per forza di cose relazionarsi con gli altri. A risentire maggiormente del problema sono la società occidentali, dove una corsa alla produttività e alla performance lavorativa sempre più spinte mette alle strette i limiti psico-fisici delle persone.
Effetti devastanti
Il problema è che la costante e utopica corsa alla perfezione lavorativa svuota le persone, ne riduce l’efficienza azzerando le energie fisiche e mentali. Il burnout è proprio questo, uno squilibrio tra le richieste lavorative e la capacità fisica e mentale di sostenerle e soddisfarle. Si va così incontro a un senso di vuoto, apatia e inadeguatezza che porta ad affrontare il lavoro spostando l’attenzione su sentimenti negativi, con evidenti cali di produttività e un crescente senso di spossatezza, stress, frustrazione e conflitto verso se stessi e gli altri. A ciò, si sommano sovente malesseri fisici come cefalee e disturbi del sonno.
Diagnosi difficile
Le motivazioni dietro questo problema sono talmente personali che, come spiega Umberto Candura presidente dell’Associazione nazionale Medici d’Azienda e Competenti, risulta difficile curare con successo il singolo caso. Quasi tutti abbiamo, almeno una volta nella vita, attraversato periodi complicati sul lavoro e provato un senso di svuotamento simile al burnout. Per fortuna, lo stress cronico porta a complicazioni persistenti solo per una minoranza dei lavorati. Il problema, illustra Candura, è una difficoltà medico-legale nel definire i confini così labili di una patologia dalle caratteristiche evanescenti e “personalizzate”.
Un problema sociale
Detto ciò, occorre comunque non abbassare la guardia e lavorare per trovare una soluzione a un problema con gravi ripercussioni sociali. I casi di burnout si palesano, in particolare, nelle professioni assistenziali, spesso legate al mondo della sanità. Con una crescente aspettativa di vita, sempre più persone necessitano di assistenza e, di conseguenza, il lavoro richiesto agli operatori risulta più oberante. Se a ciò si sommano una riduzione delle risorse, una carenza di prospettive e una conseguente minore gratificazione professionale, è chiaro come risulti difficile tenere alta la motivazione e basso lo stress.
Alla ricerca di soluzioni
Prevenire un problema con così tante sfaccettature risulta alquanto complicato. Come sottolinea Candura, lavorare sul singolo è estremamente complesso. La soluzione migliore potrebbe essere quella di lavorare in sinergia con le altre figure professionali e provare a coinvolgere i lavoratori, attivando per esempio uno sportello di ascolto all’interno delle realtà lavorative.