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Negli ultimi anni i casi di diabete sono raddoppiati: 4 milioni di italiani sono colpiti dalla malattia, un milione non saprebbe di avere valori alti di glicemia e ben 10 milioni di italiani hanno il prediabete, una condizione di ridotta tolleranza al glucosio che può portare entro 5 anni al diabete vero e proprio. Ecco perché nel nostro Paese è scattato l’ allarme prediabete.
Importanti i controlli
Le conseguenze del diabete non curato possono essere molto gravi: cecità, amputazioni, aumento del rischio di infarto e ictus, complicanze renali. L’Associazione medici diabetologi (Amd) ha analizzato i dati di quasi 48mila pazienti di 17 centri sparsi in tutta Italia, con l’obiettivo di monitorare la qualità delle cure negli ultimi quattro anni. L’introduzione di nuove classi di farmaci ha migliorato la corretta gestione del diabete, afferma Valeria Manicardi, coordinatrice del Gruppo Annali Amd, “Il monitoraggio di elementi decisivi per il rischio cardiovascolare come lipidi, pressione e microalbuminuria viene eseguito almeno una volta all’anno da oltre l’80 per cento dei pazienti, mentre nel 2012 erano circa il 60 per cento; c’è finalmente una maggiore attenzione alla gestione del rischio cardiovascolare complessivo, che è tuttora il pericolo più tangibile per i diabetici”. Tuttavia l’ allarme prediabete resta alto.
Sovrappeso e obesità aumentano i problemi
A provocare l’ allarme prediabete sono sovrappeso e obesità, in costante aumento tra la popolazione. Secondo gli ultimi dati, infatti, la percentuale si aggira oggi intorno al 42% dei malati di diabete, ed è in aumento. Inoltre, il 17% dei diabetici fuma, aumentando i rischi cardiovascolari.
Carenze strutturali
È poi innegabile la difficoltà del Servizio sanitario nazionale di monitorare al meglio la malattia: solo i centri specializzati riescono a fatica. Conferma Francesco Purrello, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid): “In generale il sistema è ancora poco informatizzato e questo riduce la possibilità di una gestione integrata dei pazienti da parte del medico di medicina generale, in collaborazione coi centri diabetologici”.
Attese troppo lunghe e terapie inappropriate
Altra problematica che limita l’efficienza dei controlli per il diabete è l’esistenza di norme che impediscono al medico di famiglia di prescrivere nuove terapie sulla ricetta rossa, rendendo necessaria la visita specialistica presso il centro diabetologico. Tuttavia, come spiega Fiorenzo Corti, vicesegretario nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), “le attese sono lunghe e non ci resta che trattare il paziente con i medicinali che possiamo prescrivere, alcuni collocati dalle attuali Linee guida in terza/quarta scelta”. In Europa, solo in Italia e nella Repubblica Ceca i medici di base non possono prescrivere ai propri pazienti le terapie disponibili per curare il diabete. Di riflesso, questo si traduce in attese per una visita specialistica molto lunghe. Ben il 43% dei medici segnala una tempistica da uno a tre mesi e il 36% un’attesa oltre tre mesi.