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Può succedere che subito dopo il parto, nella cosiddetta fase del puerperio, l’utero, la zona genitale, l’apparato urinario o la ferita del cesareo, possano essere aggredite da batteri responsabili di infezioni, più o meno gravi. Fortunatamente le buone condizioni di igiene ospedaliere e il ricorso sempre meno frequente all’episiotomia hanno ridotto significativamente l’incidenza di questo tipo di infezioni, senza però escludere del tutto la possibilità che si presentino.
Un campanello di allarme della presenza di infezioni post parto è sicuramente la febbre che supera i 38° e persiste per più giorni; altri segnali di un’infezione in atto possono essere il dolore persistente e intenso, il gonfiore, la presenza di secrezioni nell’area della ferita o di perdite maleodoranti, nonché un profondo senso di stanchezza e l’aumento del battito cardiaco. Questi sono tutti sintomi che non devono mai essere trascurati, ma segnalati con tempestività al medico curante. Importante poi adottare alcune buone pratiche di igiene dopo il parto per tenere sotto controllo la proliferazione batterica responsabile delle infezioni a livello vaginale, urinario e localizzate dove sono presenti punti di sutura.
Quali possono essere le infezioni post parto?
Immediatamente dopo il parto, ma anche nei giorni successivi, può accadere che l’utero, l’area vaginale, l’apparato urinario e le zone interessate da ferite, lacerazioni e suture possano essere colonizzate da batteri nocivi responsabili di infezioni. In base all’area interessata si possono distinguere vari tipi di infezioni post parto.
- Infezioni dell’utero. Si tratta soprattutto delle cosiddette endometriti, cioè infezioni dell’endometrio (rivestimento interno dell’utero) che si presentano in numero maggiore soprattutto dopo un parto cesareo. Nel caso di infezioni del muscolo uterino si parla invece di miometriti. In entrambi i casi la contaminazione batterica si può verificare per il trasporto di germi già presenti sui genitali esterni della donna, per l’impiego di strumenti chirurgici inquinati, ma anche per germi provenienti dalle alte vie respiratorie del personale presente in sala parto non protetto da mascherina.
- Infezioni vaginali: sono spesso la conseguenza di una fragilità dell’area vaginale sottoposta a grande stress nella fase del parto e di un abbassamento delle difese immunitarie dovuto all’impegno del fisico durante la gravidanza e la nascita. Si manifestano in genere con prurito, bruciore e un aumento delle perdite che possono essere maleodoranti e presentare tracce di sangue.
- Infezioni urinarie: cistiti, uretriti e pielonefriti sono dovute ai batteri che colonizzano la normale flora intestinale e che, passando nel tratto urinario, possono provocare fenomeni infettivi. Danno sintomi classici che vanno dal bruciore alla difficoltà ad urinare, dai dolori al basso ventre alla presenza di urine torbide, maleodoranti, con tracce di sangue. Le possibilità che si manifestino queste infezioni aumentano in caso di impiego del catetere.
- Infezioni localizzate: riguardano le aree che si sono lacerate durante il parto e in seguito suturate e quelle che hanno subito un’incisione chirurgica come nel caso del parto cesareo e dell’episiotomia. In presenza di infezioni la zona risulta gonfia, arrossata, dolente e la ferita produce secrezioni abbondanti.
Le infezioni post parto, se diagnosticate precocemente, si risolvono senza grandi complicanze. Le complicazioni più gravi, come la peritonite (infiammazione delle membrane che rivestono l’addome), la tromboflebite pelvica (dovuta a coaguli di sangue nelle vene pelviche), l’embolia polmonare e la sepsi (infezione dell’intero organismo con conseguenze spesso fatali) sono piuttosto rare.
Cause delle varie infezioni
Il rischio di sviluppare un’infezione post-parto cresce in base ad alcuni fattori:
- la rottura precoce delle membrane prima del parto;
- un travaglio prolungato;
- il tipo di parto: si parla di un 1-3% di possibilità di contrarre un’infezione per i parti vaginali, percentuale che sale a 5-15% per i parti cesarei programmati ed eseguiti prima dell’inizio del travaglio e arriva al 15-20% nei cesarei d’urgenza;
- l’eccessivo sanguinamento al momento della nascita e le ulteriori complicazioni;
- le manovre più o meno invasive che vengono eseguite durante il travaglio, dagli esami della cervice al monitoraggio interno del feto fino alla rimozione dei frammenti di placenta rimasti in utero dopo il parto;
- la presenza di problemi di salute della mamma come il diabete e l’anemia;
- le scarse condizioni di igiene: possono essere fattori determinanti per lo scatenarsi di un’infezione, sia per quelle che interessano utero e vagina, sia per quelle che si possono sviluppare dove ci sono punti di sutura.
I sintomi delle infezioni
Le infezioni post parto non devono essere fonte di ansia: è importante però riuscire a capire subito la necessità di rivolgersi al medico. Per questo è bene tenere sempre sotto controllo i sintomi.
- Febbre: quando supera i 38° e persiste per più giorni può essere un chiaro segnale della presenza di un’infezione nei diversi siti in cui si può sviluppare, dall’utero alle vie urinarie fino alle aree circoscritte dove ci sono tagli e suture. Attenzione in ogni caso che la febbre può essere il sintomo di altre condizioni patologiche come la mastite. Per questo in presenza di un rialzo della temperatura significativo e persistente è sempre opportuno rivolgersi al medico perché valuti la situazione e proceda a prescrivere le opportune terapie. Occorre tenere presente che la temperatura va sempre misurata a livello inguinale o timpanico, mai ascellare perché potrebbe essere alterata dal naturale calore delle mammelle.
- Dolore pelvico e addominale, che persiste e che non può essere tenuto sotto controllo con semplici antidolorifici. In questo caso le infezioni possono riguardare la zona genitale e urinaria.
- Dolore localizzato nel caso di ferite, lacerazioni e suture. In questa situazione possono essere presenti anche arrossamenti, gonfiore e secrezioni.
- Perdite anomale. Occorre tenere conto che le lochiazioni, le perdite che si hanno dopo il parto, sono di solito abbondanti nei primi due giorni dopo la nascita del piccolo e vanno diminuendo man mano che l’utero si stabilizza. E’ opportuno rivolgersi al medico quando le perdite sono eccessivamente abbondanti, maleodoranti, di colore giallo-verde e quando durano più di sei settimane perché in questi casi può esserci il sospetto di un’infezione in atto.
- Pallore, brividi, uno stato di malessere generale con inappetenza e disturbi del sonno.
- Frequenza cardiaca alterata.
Come prevenire e ridurre le infezioni
E’ difficile parlare di prevenzione nel caso di infezioni che riguardano l’utero in quanto dipendono da situazioni di cui in genere non è possibile avere il controllo. Più le condizioni di igiene al momento del parto sono buone e la madre è in salute, minori sono le probabilità di contrarre un’infezione di questo tipo.
Nel caso delle infezioni vaginali e urinarie si possono adottare invece alcuni comportamenti che si rivelano utili per tenerle sotto controllo:
- utilizzare assorbenti esterni che non ostacolino lo svuotamento dell’utero, come succede invece con gli assorbenti interni. Ideale sarebbe scegliere gli assorbenti di cotone perché più delicati in una zona già provata dal parto e da un’eventuale episiotomia;
- cambiare gli assorbenti molto di frequente, al massimo dopo un paio d’ore;
- indossare solo biancheria intima di cotone, da cambiare spesso e lavare con un sapone delicato;
- evitare indumenti sintetici e stretti a livello delle zone intime;
- procedere a un’igiene intima accurata ma molto delicata, usando acqua tiepida e un detergente specifico per il post parto che può essere consigliato dal ginecologo, dall’ostetrica o dal farmacista;
- nel caso la neomamma abbia subito l’episiotomia, questi accorgimenti dovrebbero essere seguiti con particolare attenzione: le probabilità che compaiano infezioni nell’area, infatti, risultano più elevate.
In ogni caso è importantissimo non sottovalutare mai i sintomi e rivolgersi subito al medico in modo che possa procedere a individuare la cura antibiotica più idonea a debellare l’infezione.