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La diastasi addominale è la separazione dei muscoli retti addominali che formano la parte anteriore della cintura muscolare estendendosi dalle coste mediane fino al legamento inguinale. Questi due muscoli sono congiunti longitudinalmente da una fascia di tessuto connettivo, molto resistente ma poco elastico, che difficilmente si rompe ma – quando cede – può non tornare nelle condizioni iniziali, lasciando un “vuoto” muscolare al centro dell’addome. Ecco come curare la diastasi addominale post parto con i consigli del dottor Stefano Maccatrozzo, esperto di patologie della parete addominale presso l’Istituto Auxologico Italiano Irccs, e del dottor Gianluca Ferrari, osteopata a Milano.
Perché viene la diastasi?
La diastasi in gravidanza è un processo fisiologico, che si verifica per effetto degli influssi ormonali volti a consentire la dilatazione della cavità addominale e accogliere l’utero in crescita. È ovviamente più pronunciata in caso di gravidanza gemellare, feto con peso elevato, età avanzata delle futura mamma o se si sono già avute altre gravidanze. In condizioni normali la distanza raggiunta tra la fascia destra e quella sinistra del muscolo retto addominale non supera i 20-25 mm e si risolve spontaneamente entro 6-12 mesi dal parto, con un pieno recupero dell’elasticità e della densità dei tessuti. La diastasi addominale, comunque, si può prevenire anche in gravidanza, facendo attenzione a mantenere una postura corretta quando ci si china, ci si siede o si cammina ed eseguendo esercizi di rafforzamento muscolare del pavimento pelvico.
Che problemi porta la diastasi?
In assenza di disturbi, la diastasi addominale non crea particolari problemi, a patto però di sottoporsi a periodiche ecografie per tenere sotto controllo la situazione. In molte donne però, oltre a rappresentare un problema estetico, diventa una vera condizione patologica che provoca diverse complicanze: gli addominali non lavorano più in sinergia con la muscolatura posteriore del tronco e non riescono a contenere la parte dell’addome al loro interno. Ciò dà origine a lombalgie, dolori addominali, disturbi digestivi e disfunzioni urinarie. Questi sintomi possono peggiorare col tempo e, specie quando vengono confusi con altri disturbi, ritardano la diagnosi e di conseguenza le cure.
Come riconoscere la diastasi addominale in gravidanza?
Il primo campanello d’allarme è rappresentato dalla pancia gonfia anche a distanza di diversi mesi dal parto, con l’ombelico che tende a sporgere e la comparsa di una sorta di piccola cresta (detta “pinna”) in corrispondenza della “linea alba” che va dalla base dello sterno all’ombelico.
Se si sospetta di avere una diastasi addominale, occorre procedere secondo questi due step.
L’autodiagnosi. Per verificare autonomamente l’effettiva presenza di una diastasi addominale è possibile eseguire un semplice test:
1. Sdraiata a pancia in su, con le ginocchia piegate e le piante dei piedi appoggiata a terra, mettere una mano dietro la testa e appoggiare l’altra sulla pancia, in modo che le dita siano all’altezza dell’ombelico sopra la linea mediana del muscolo addominale, ma parallele alla linea della vita. Premere leggermente, mantenendo rilassato il muscolo addominale.
2. Sollevare testa e spalle da terra senza piegare il collo e senza avvicinare il mento allo sterno, in modo da contrarre i muscoli dell’addome.
3. Muovere le dita a destra e sinistra per tastare le pareti del muscolo. A mano a mano che la contrazione aumenta, si dovrebbe notare una diminuzione del “foro” al centro dei due retti. Si parla di diastasi quando alla palpazione della muscolatura contratta si percepisce una zona vuota larga almeno 2-3 dita e/o si nota la fuoriuscita di una piccola escrescenza al centro dell’addome.
La visita specialistica. Per una diagnosi certa è necessario rivolgersi al medico per un primo esame obiettivo che accerti l’effettiva presenza di un difetto della parete addominale. Lo specialista può anche richiedere ulteriori approfondimenti diagnostici (ecografia, tac, risonanza magnetica) per valutare l’ampiezza della distanza tra i due muscoli retti e l’eventuale presenza di un’ernia ombelicale. In base alla situazione riscontrata, il medico lo specialista valuterà l’opportunità di un intervento chirurgico e quale tecnica utilizzare.
Come curare la diastasi addominale senza intervento?
Per ridurre la diastasi non sempre è necessario intervenire chirurgicamente; in molti casi, infatti, il problema può essere risolto con l’aiuto di un fisioterapista o un osteopata, attraverso un programma di riabilitazione basato su esercizi mirati, riabilitazione ed elettromedicali per il rafforzamento muscolare e il recupero della stabilità della schiena e dell’equilibrio della meccanica del bacino. È, però, fondamentale evitare il fai-da-te e rivolgersi solo a professionisti esperti nel trattamento della diastasi addominale, in grado di consigliare gli esercizi giusti per risolverla. Infatti, anche i comuni esercizi, come i classici addominali, possono peggiorare la situazione. Occorre, invece, partire con una riabilitazione del diaframma toracico attraverso una respirazione corretta, per passare in seguito alla mobilitazione del diaframma pelvico e agli esercizi mirati per rimodificare tutte le fibre muscolari superficiali dell’addome. I risultati sono visibili nel giro di 3-6 mesi, ma il processo di guarigione può essere accelerato con il ricorso ad apparecchi di elettrostimolazione già dopo i primi 2 mesi di allenamento.
Per ridurre il gonfiore dei tessuti, contenere eventuali ernie e migliorare la tonicità muscolare molto efficaci sono:
– il taping: fasce elastiche da applicare sull’addome che drenano e massaggiano la muscolatura superficiale sfruttando il movimento naturale del corpo;
– la massoterapia: una tecnica di massaggio manuale che arriva fino al tessuto connettivo.
Entrambe queste tecnciche stimolano meccanicamente i tessuti ed esercitano un’azione drenante che contribuisce a ridurre il gonfiore e a restituire all’addome un aspetto tonico. Non sempre sono risolutivi, ma almeno evitano che i sintomi peggiorano
Come avviene l’intervento di diastasi?
L’intervento chirurgico è una soluzione definitiva, che consente di riavvicinare i muscoli retti, eliminando i disturbi funzionali della diastasi e risolvendo anche il fattore estetico. L’intervento tradizionale consiste in una plicatura dei muscoli retti, che prevede un’incisione vicino all’ombelico e la ricostruzione della parete addominale, con o senza inserimento di una protesi biocompatibile. Per risolvere il problema estetico si esegue anche un’addominoplastica (e nella sua variante miniaddominoplastica), che consiste nell’asportazione della cute e del tessuto adiposo eccedente localizzato nella parte centrale e inferiore dell’addome. È necessaria un’incisione nella zona sopra il pube, che alla fine dell’intervento lascia una cicatrice simile a quella di un parto cesareo.
Oggi entrambe le operazioni sono meno invasive rispetto al passato: le tecniche di laparoscopia ed endoscopia consentono, infatti, di ricostruire la parete addominale effettuando solo piccole incisioni che lasciano meno cicatrici e consentono un decorso postoperatorio più rapido. In alcune regioni italiane l’intervento è a carico del Servizio sanitario nazionale. I tempi di attesa variano da pochi mesi a diversi anni a seconda delle liste di attesa. In alternativa ci si può rivolgere a strutture private.
Fonti / Bibliografia
- Kinesio taping, il cerotto che aiuta la riabilitazione - HumanitasSi chiama kinesio taping ed è un cerotto elastico in cotone, ideale per trattare piccole lesioni neurologiche e ortopediche. La sua ideazione si deve a un chiropratico giapponese, il dottor Kenzo Kase, negli anni Settanta. Conosciamo meglio questo speciale cerotto, con il contributo del dottor Piero Volpi, responsabile di Ortopedia del Ginocchio e Traumatologia dello […]