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Con il termine di capoparto si definisce il primo sanguinamento uterino dopo il parto, che rappresenta in sostanza la ripresa del ciclo mestruale dopo la nascita di un bebè. Si verifica in genere dopo otto settimane dal parto e dura di solito un minimo di due fino a un massimo di sette, dieci giorni. Attenzione a non confondere il capoparto con le lochiazioni, qualsiasi sanguinamento che avvenga entro i primi due mesi dalla nascita è dovuto ai normali processi fisiologici di involuzione uterina. Va tenuto presente poi che non c’è un momento preciso in cui debba avvenire il capoparto: in genere ritarda nelle donne che allattano al seno rispetto a quelle che nutrono il piccolo con il latte artificiale. Qualora si abbiano dei dubbi o delle preoccupazioni è bene comunque rivolgersi allo specialista. Da ultimo va tenuto presente che l’amenorrea, il periodo di assenza del ciclo, non impedisce alla donna di essere fertile e quindi di concepire. Vediamo allora insieme il capoparto, i sintomi e quando arriva.
Sintomi capoparto
Durante il puerperio, il periodo di 40-50 giorni che segue la nascita del bambino, il corpo della donna torna lentamente alla condizione di pre-gravidanza. Anche le ovaie riprendono il loro regolare funzionamento fino a produrre il primo flusso mestruale dopo il parto, segnale inequivocabile del ritorno alla regolarità del ciclo. Come qualsiasi altro flusso mestruale, anche l’arrivo del capoparto può essere annunciato da una serie di sintomi che possono variare in numero e intensità da donna a donna. I più comuni, che possono presentarsi anche una settimana prima dell’arrivo del capoparto, sono:
- nausea
- stanchezza generalizzata
- dolori alla schiena soprattutto nella zona lombare
- crampi addominali
- mal di testa
Quando arriva e quando preoccuparsi
Quando arriva il capoparto? E’ la domanda che si fanno spesso le mamme. Arriva in genere dopo i primi 56 giorni, cioè otto settimane dopo il parto. Qualsiasi sanguinamento che avvenga entro i primi due mesi dalla nascita del piccolo si può considerare come una lochiazione cioè un normale effetto dei processi fisiologici di involuzione uterina che seguono la gravidanza e il parto. Mentre le lochiazioni, infatti, in genere compaiono a spot, il capoparto prevede un flusso sanguigno che non duri meno di un paio di giorni e si protragga fino a sette/dieci giorni in base alla variabilità individuale. In ogni caso l’arrivo del capoparto può essere molto variabile anche in base al fatto che la mamma allatti o meno.
Un processo che varia da donna a donna
Il periodo di amenorrea, cioè di assenza del ciclo mestruale, può avere una durata molto diversa da donna a donna. In alcuni casi, infatti, il capoparto può presentarsi persino dopo un anno per ragioni diverse, che vanno dalle fluttuazioni ormonali alla condizione di stanchezza e di stress che la donna si trova a vivere; al contrario per alcune mamme può arrivare anche prima dei canonici due mesi dopo la nascita. In ogni caso, se entro un anno della nascita del piccolo il capoparto non si fosse ancora presentato, è bene rivolgersi a un professionista per un’eventuale indagine specifica. Anche per quanto riguarda la copiosità o meno del flusso occorre sempre tenere presente che ogni donna è un discorso a sé. In alcuni casi le fluttuazioni ormonali del post-parto possono determinare un flusso molto scarso, sia pur protratto per giorni. Anche le mamme che allattano tendono ad avere un capoparto scarso. Al contrario ci sono donne che possono avere un capoparto molto abbondante, anche con presenza di coaguli; questo può essere dovuto all’accumulo di tessuto endometriale che viene eliminato proprio durante la prima mestruazione dopo il parto.
Quando rivolgersi al ginecologo
Il capoparto è quindi un processo del tutto fisiologico, con variabili importanti tra una donna e l’altra. Ci sono comunque alcune situazioni in cui è lecito preoccuparsi:
- se il capoparto ritarda più di un anno
- se è molto scarso
- se al contrario è molto abbondante e accompagnato da dolori importanti
- se il ciclo mestruale dopo il capoparto sparisce nuovamente o presenta forti irregolarità.
In tutti questi casi è consigliabile rivolgersi allo specialista per una valutazione professionale della situazione. Da tenere presente, infine, che nei mesi successivi al capoparto, le mestruazioni possono non riprendere con la regolarità di prima della gravidanza, soprattutto se la mamma allatta.
Capoparto e allattamento
L’allattamento al seno può influenzare in maniera diretta l’arrivo del capoparto. Mentre si allatta infatti viene prodotta la prolattina, un ormone che tende a inibire l’ovulazione e a ritardare la ripresa del ciclo mestruale. E’ normale quindi che il periodo di amenorrea sia più lungo nelle mamme che allattano rispetto a quelle che non lo fanno. Quello che occorre sempre tenere ben presente è che in questa fase di assenza di ciclo la donna è comunque fertile. Nonostante, quindi, in molti pensino che non sia possibile restare incinta durante l’allattamento cioè prima del capoparto, le evidenze scientifiche smentiscono questa teoria. Se gli alti livelli di prolattina infatti possono inibire l’ovulazione, non è da escludere che questa, sia pur in casi rari, non possa avvenire anche in assenza del ciclo. Il che significa che è sempre possibile restare incinte mentre si allatta e che occorre quindi adottare le opportune precauzioni se non si desidera una nuova gravidanza.
Non è escluso il concepimento
L’allattamento in sostanza non è una protezione contraccettiva: sia pure in casi sporadici è sempre possibile concepire anche prima del capoparto. Il ginecologo è quindi la figura di riferimento per sapere quali metodi anticoncezionali sono più adatti mentre si allatta. Attenzione anche al fatto che con l’allattamento i cicli mestruali dopo il capoparto possono non essere del tutto regolari e variare sia per durata sia per flusso. Anche in questo caso responsabile di tale variabilità è la prolattina.
Non ci sono invece prove scientifiche del fatto che l’arrivo del capoparto possa influenzare la produzione di latte. Alcune donne possono notare una lieve diminuzione nel quantitativo di latte, ma si tratta di un fenomeno temporaneo, che non compromette in nessun modo l’allattamento. Va ricordato infatti che la produzione di latte, nutriente e in giusta quantità per i bisogni del piccolo, dipende dal fatto che il neonato continui a succhiare. Se la mamma offre al neonato il seno, può quindi continuare ad allattare anche dopo il capoparto; l’importante è che segua le raccomandazioni di massima per l’allattamento al seno che sono idratarsi adeguatamente, seguire una sana alimentazione e riposare per non accumulare stanchezza e stress.
Capoparto dopo un cesareo
L’arrivo del capoparto è variabile da donna a donna indipendentemente dal fatto che abbia partorito naturalmente o con il cesareo. In linea generale anche per le mamme che hanno avuto un cesareo, la prima mestruazione ricompare dopo sei-otto settimane dalla nascita del piccolo. E’ questo infatti il tempo che il corpo impiega per riprendersi da un evento stressante come il parto, recuperando forza. In caso di dubbi serve comunque riferirsi al ginecologo per avere informazioni specifiche sulla propria situazione.
Si può chiedere consiglio al pediatra invece qualora si noti un aumento del nervosismo e dell’irritabilità nel piccolo dopo il capoparto. Nessun dato scientifico riporta l’esistenza di un legame tra i due elementi, ma può comunque succedere che le fluttuazioni ormonali legate all’arrivo delle mestruazioni possano influenzare il benessere del piccolo. Si tratta in ogni caso di una situazione temporanea che non deve destare particolare preoccupazione.
Foto di copertina di Sarah Chai by Pexels