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Il lavoro rappresenta certamente un aspetto preponderante nella vita di molti di noi. Lavorare troppo però fa male. Pubblicata su Social Science & Medicine, la ricerca della Australian National University Research School of Population Health, evidenzia la necessità di abbassare il limite internazionale di ore lavorative settimanali.
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Fissato oltre 80 anni fa, questo limite è di 48 ore settimanali e fa riferimento prevalentemente al lavoro maschile, che all’epoca era preponderante. Oggi il mondo del lavoro è completamente cambiato, con donne che si dedicano sempre più alla carriera e trascorrono meno tempo in casa.
Salute fisica e mentale a rischio
Come spiega il ricercatore Huong Dinh, “lunghe ore di lavoro privano del tempo necessario a mangiare bene e prendersi cura di se stessi correttamente, inficiando la salute mentale e fisica delle persone”. Questo perché queste due importanti attività sono spesso sottovalutate ed escluse dalle priorità di una persona in carriera. La salute, sia mentale sia fisica, ne risente, portando a un generale abbassamento del livello di benessere del lavoratore.
Orari diversi per uomini e donne
I ricercatori suggeriscono di ridurre a 39 il limite generale di ore di lavoro settimanali da considerare “sano”. Le donne, però, dovrebbero lavorare meno degli uomini. Spesso, infatti, ricoprono un ruolo centrale nell’economia domestica, svolgono la maggior parte dei lavori in casa e, in generale, si occupano di più della famiglia. Prese le 39 ore settimanali come limite critico generale, oltre il quale la salute mentale e fisica comincia a risentirne, risulta necessario differenziare tra uomini e donne. Per le donne il limite massimo dovrebbe scendere a 34 ore settimanali, mentre per gli uomini la soglia critica potrebbe essere spostata leggermente più in alto: secondo i ricercatori australiani, infatti, un massimo di 47 ore settimanali non dovrebbe comportare rischi per gli uomini che non si occupano dei lavori domestici.