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Perdere peso e riacquistarlo in poco tempo, in sintesi l’effetto yo-yo legato a molte diete, può far male al cuore delle donne. A sostenerlo è un gruppo di ricercatori della Columbia University di New York in occasione della conferenza: “Epi Lifestyle 2019 scientific session – Epidemiology and prevention, lifestyle and cardiometabolic health” organizzata dall’American Heart Association. Secondo il coordinatore dello studio Brooke Aggarwal, raggiungere e mantenere il peso ideale fa bene alla salute cardiovascolare, mentre le fluttuazioni di peso potrebbero essere dannose al cuore.
La ricerca su quasi 500 donne
La ricerca in oggetto ha previsto il coinvolgimento di 485 donne di età media di 37 anni con un indice di massa corporea pari a 26 (indice di sovrappeso), e il monitoraggio per 5 anni di 7 fattori di salute cardiovascolare inseriti dall’American Heart Association nel metodo “Life’s Simple 7”, che misura indice di massa corporea, colesterolo, pressione sanguigna, glicemia, fumo, attività fisica e dieta. In tutte le partecipanti si è verificato inoltre se e quante volte avessero perso almeno 10 chili e se avessero ripreso il peso perso entro un anno, escludendo il periodo delle gravidanze.
Probabile pericolo per il cuore
Il risultato ottenuto dalla ricerca è stato che il 73% delle donne aveva sperimentato almeno un episodio di perdita e ripresa di peso, con una probabilità inferiore dell’82% di avere un indice di massa corporea corrispondente al normopeso, cioè compreso tra 18,5 e 25; una probabilità inferiore del 51% di essere giudicate su un livello “moderato” in relazione al metodo di valutazione “Life’s Simple 7”; una probabilità inferiore del 65% di essere considerate su un livello “ottimale”.
Risultati peggiori con oscillazioni di peso
Gli scienziati statunitensi hanno dichiarato che i peggiori risultati ottenuti con il metodo “Life’s Simple 7” erano stati quelli in cui si erano verificati più episodi di perdita e riacquisto del peso, in particolar modo tra le donne che non avevano mai avuto gravidanze. La speranza del dottor Aggarwal è quella di poter continuare la ricerca per altri 5 anni, in modo tale da poter avere più dati confermanti gli attuali risultati e per valutare gli effetti del lungo termine.