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La dieta occidentale favorisce l’obesità. A sostenerlo è uno studio di alcuni ricercatori dell’Università della California di Riverside (Usa), pubblicato sulla rivista Physiology & Behavior. La causa sarebbe l’elevata presenza di grassi e zuccheri, che aumenterebbero il rischio di obesità perché spingono a mangiare di più a causa di un aumento dei segnali generati dal sistema endocannabinoide a livello periferico.
Il sistema endocannabinoide
È presente in tutti i mammiferi ed esercita un’azione sul cervello e sugli organi periferici. In particolare, è coinvolto nel controllo di molte funzioni fisiologiche del corpo, come l’assunzione di cibo, il controllo dell’appetito, il bilancio energetico e la gratificazione. È costituito da molecole lipidiche di segnalazione, chiamate endocannabinoidi, che hanno la capacità di legarsi ai recettori dei cannabinoidi presenti nelle cellule di tutto l’organismo. Secondo i ricercatori, la dieta occidentale spingerebbe ad assumere quantità eccessive di cibo, perché determinerebbe il miglioramento dei segnali generati dagli endocannabinoidi negli organi periferici.
L’esperimento in laboratorio
Per giungere a queste conclusioni, i ricercatori hanno nutrito alcuni topi di laboratorio con una dieta basata sul modello occidentale, ricca, pertanto, di zuccheri e grassi, e un altro gruppo di roditori con un regime alimentare standard. Dopo 60 giorni, è risultato che gli animali che avevano seguito la dieta occidentale avevano accumulato rapidamente peso corporeo fino a diventare obesi e avevano sviluppato l’iperfagia, ossia l’aumento della sensazione di fame. Questo li aveva indotti ad assumere molte più calorie e a consumare pasti significativamente più abbondanti e a un ritmo più veloce, rispetto ai topi nutriti con la dieta tradizionale. Successivamente, gli sperimentatori hanno somministrato agli animali un farmaco capace d’inibire la segnalazione periferica degli endocannabinoidi. Hanno così osservato che il medicinale aveva fermato l’iperfagia e normalizzato l’assunzione di cibo da parte dei roditori. Secondo uno degli autori dello studio, il dottor Di Patrizio, “L’iperfagia associata alla dieta occidentale era dovuta a livelli molto elevati di endocannabinoidi nel piccolo intestino e nel flusso. Occorre sottolineare che abbiamo scoperto che bloccando l’azione degli endocannabinoidi attraverso l’impiego d’inibitori farmacologici dei recettori dei cannabinoidi a livello periferico, siamo stati in grado di normalizzare completamente l’assunzione di cibo da parte dei topi obesi, fino ai livelli di consumo riscontrati nel gruppo di controllo nutrito con la dieta standard”.
Una futura terapia per trattare l’obesità
Secondo gli autori questa ricerca dimostrerebbe che l’impiego di inibitori farmacologici che abbiano come bersaglio i recettori dei cannabinoidi situati a livello periferico, e che quindi non raggiungono il cervello, potrebbe rappresentare un possibile futuro approccio terapeutico sicuro per il trattamento dell’obesità indotta dalla dieta. Il vantaggio è che questo trattamento terapeutico si rivolge alle zone periferiche rispetto ai farmaci tradizionali che interagiscono con il cervello che possono causare effetti collaterali psichiatrici.