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È noto che il diabete si cura prima di tutto a tavola, per questo i ricercatori della Società italiana di diabetologia (Sid) hanno cambiato alcune regole della dieta anti diabete.
Prima proteine e lipidi e poi carboidrati
Mangiare prima il secondo piatto a base di proteine e lipidi, e poi il primo piatto a base di carboidrati, aiuterebbe a mantenere costante la glicemia, evitando picchi dopo i pasti. Sarebbe, quindi, molto efficace invertire l’ordine delle portate, cominciando il pasto con un antipasto “carbo-free” come qualche scaglia di grana o uova sode e, solo dopo, passare alla pasta.
Il parere dell’esperto
Secondo il presidente della Sid, Giorgio Sesti: “La dieta costituisce un vero e proprio strumento terapeutico che affianca la terapia farmacologica durante tutto il decorso del diabete. Una sana alimentazione, infatti, non solo tiene a bada l’ago della bilancia, ma permette anche di migliorare il controllo glicemico e di prevenire eventi cardiovascolari attraverso la riduzione dei fattori di rischio, come la pressione alta o livelli fuori soglia di grassi nel sangue. Mangiare sano non significa sacrificare il gusto. Un ottimo esempio è la dieta mediterranea, non a caso inserita dall’Unesco tra i Patrimoni culturali immateriali dell’umanità”.
Sì alla dieta mediterranea
La dieta anti-diabete dovrebbe, quindi, essere caratterizzata da:
- vegetali a foglia (bieta, spinaci, broccoletti e cicorie compresi i radicchi) e ortaggi a radice (carote, barbabietole, rape);
- pomodori e carciofi, veri e propri nutraceutici;
- carboidrati, in particolar modo cereali integrali, evitando pane bianco, pizza e pasta;
- tanta frutta;
- olio extravergine d’oliva come condimento, limitando i grassi animali.
Promosso il pesce azzurro
Un esperimento effettuato su 17 diabetici di tipo 2, condotto dai centri ricerca di Assoittica e Federpesca, ha valutato l’effetto di un pasto a base di acidi grassi omega-3 sui livelli di ossido nitrico (NO). Confrontando un secondo a base di alici (circa un etto e mezzo) con 60 grammi bresaola, i ricercatori hanno concluso che rispetto al piatto di terra quello di mare contribuisce maggiormente a ridurre il rischio di aterosclerosi, attraverso una maggiore produzione di NO e una migliore funzione endoteliale immediatamente dopo aver mangiato.