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Siamo ciò che mangiamo. È una realtà che trova ulteriori conferme. Perché una dieta povera di fibre, frutta e verdura e grassi buoni mette il cuore a rischio.
Malattie cardiovascolari
Le cifre parlano da sole. In Europa, nel 2016 le patologie cardiovascolari collegate a un’alimentazione non salutare hanno causato oltre due milioni di decessi. In Italia poco più del 40% delle morti dovute a infarti, ictus e altre malattie cardiocircolatorie sono riconducibili ad abitudini alimentari scorrette.
Legame con la dieta
I dati sono stati tratti dal Global Burden of Disease Study e sono riferiti a un periodo di tempo che va dal 1990 al 2016 in 51 Paesi della Regione europea dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità. La mappa dell’impatto della dieta sulla salute del cuore è stata disegnata da un team internazionale di ricercatori e scienziati. Nello studio gli esperti hanno tenuto conto della prevalenza di undici patologie cardiovascolari, del consumo di dodici fra alimenti e gruppi di nutrienti e hanno poi calcolato la percentuale di morti correlabili all’alimentazione sbilanciata che mette il cuore a rischio.
Troppo sale, poche fibre
In particolare, lo scarso apporto di fibre, con una dieta povera di cereali integrali, è risultato essere il principale fattore di rischio. A questo sono stati ricondotti 429 mila decessi; 341 mila a una dieta con basso consumo di semi e frutta secca; 262 mila decessi sono stati associati a un introito insufficiente di frutta mentre 251 mila sono stati riportati a una dieta ad alto consumo di sale (ad alto contenuto di sodio) e 227 a un’alimentazione povera di omega 3.
Differenze tra un Paese e l’altro
Dallo studio sono emerse anche differenze tra uomini e donne. Gli uomini tendevano a essere interessati da queste patologie più precocemente rispetto alle donne. L’ordine dei fattori di rischio per la salute del cuore, inoltre, cambia nelle diverse aree geografiche. In Europa occidentale, in quella dell’Est ma anche in Asia centrale al secondo posto si trova il basso consumo di frutta secca e semi. Nell’Europa centrale è invece l’alto consumo di sale a pesare di più mentre nei Paesi occidentali si colloca al quinto posto, dietro il basso consumo di frutta e l’insufficiente apporto di omega 3: “In Svezia e Norvegia il basso consumo di frutta secca e semi è il fattore che più di tutti è associato alla mortalità cardiovascolare”, spiega Toni Meier, alla guida del team di ricercatori. “L’aumentato consumo di prodotti raffinati con poche fibre ha portato a un incremento delle patologie cardiovascolari negli anni recenti”.
Chi più, chi meno
In generale, invece, il peso dell’alto consumo di bevande zuccherate e dell’apporto considerevole di grassi trans industriali (contenuti soprattutto in alimenti prodotti dall’industria alimentare, come le margarine, i dolci confezionati, i prodotti dei fast-food, alcuni insaccati come i würstel, gli snack) è di minore importanza. Lo studio, infine, non ha tenuto conto dell’alcol, noto fattore di rischio cardiovascolare, e pertanto in alcuni Paesi la quota di decessi potrebbe essere ancora più alta.