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La percentuale di bambini vaccinati è in calo. I dati che arrivano dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute sottolineano che le vaccinazioni nazionali pediatriche da effettuare nei primi 24 mesi di vita dei bambini evidenziano, per l’anno 2015, un andamento in diminuzione in quasi tutte le Regioni e Province Autonome.
Morbillo e rosolia
“Particolarmente preoccupanti” risultano essere i dati dei vaccini contro morbillo e rosolia, crollati negli ultimi anni – dal documento emerge che le vaccinazioni contro queste due malattie tra il 2013 e il 2015 hanno perso 5 punti percentuali, passando dal 90,4% all’85,3% – mentre fanno eccezione le vaccinazioni contro pneumococco e meningococco (che tra il 2013 e il 2015 avevano fatto registrare valori bassi soprattutto in alcune realtà).
Il vaccino esavalente
Le vaccinazioni incluse nel preparato cosiddetto “esavalente” (anti-difterite, anti-tetano, anti-pertosse, anti-polio, anti-Hib e anti-epatite B), solitamente impiegato in Italia nei neonati per il ciclo di vaccinazioni di base, tra il 2000 e il 2013 avevano fatto registrare il superamento del 95% della copertura vaccinale (soglia raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità per l'”immunità di popolazione”, secondo cui se almeno il 95% della popolazione è vaccinato si proteggono indirettamente anche i soggetti che non si sono potuti vaccinare). Dal 2012 le cose sono però cambiate, con la registrazione di un progressivo calo nella vaccinazione di base anno dopo anno e che ha raggiunto i livelli più bassi proprio lo scorso anno, con il 93,4%. Un trend “al ribasso” che risulta confermato anche dalle coperture vaccinali nazionali effettuate entro i 36 mesi di vita del bambino registrate nel 2015, anch’esse in diminuzione.
Pericolo di focolai epidemici
Dati certamente da non sottovalutare: come si legge nel documento del ministero della Salute, la riduzione delle coperture vaccinali “per malattie ancore endemiche (come morbillo, rosolia e pertosse), rappresenta un rischio concreto di estesi focolai epidemici, come già accaduto in passato; per malattie non presenti in Italia, ma potenzialmente introducibili, come polio e difterite, aumenta il rischio di casi sporadici autoctoni, in caso di importazioni di malati o portatori”.