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Il tumore alle ovaie è uno più subdoli perché non dà luogo a sintomi particolari fino a quando non raggiunge dimensioni importanti, che rendono molto più difficile curarlo con risultati favorevoli. Le statistiche dicono, infatti, che nell’80% dei casi – cioè 8 volte su 10 – la diagnosi di tumore alle ovaie viene formulata tardi, quando cioè aumentano sensibilmente le probabilità di recidive. Secondo i dati della Figo (Federazione internazionale di ginecologia e ostetricia), le cure effettuate in fase iniziale assicurano la sopravvivenza nell’85% dei casi, ma solo nel 25% dei casi, se affrontate in stadi avanzati.
Come si scopre
La diagnosi di tumore alle ovaie si effettua attraverso la visita ginecologica, la palpazione dell’addome (che permette di valutare il volume dell’ovaio e la sua consistenza) e l’ecografia transvaginale. Quest’ultima offre qualche possibilità di effettuare una diagnosi precoce, quindi è consigliata in particolare alle donne a rischio per familiarità, che dovrebbero eseguirla a partire dai 30-35 anni di età ogni sei mesi, secondo le indicazioni dell’Airc (Associazione italiana ricerca sul cancro). Per quanto riguarda i sintomi, che appunto compiono quando la malattia è già in stadio avanzato, comprendono disturbi della digestione, gonfiore e dolore all’addome, inappetenza.
Fattori di rischio e fattori protettivi
I fattori di rischio conosciuti sono rappresentati dalla familiarità per tumore all’ovaio e alla mammella, l’età superiore ai 50 anni, il menarca (prima mestruazione) precoce, la menopausa tardiva, non aver avuto figli. Sono fattori protettivi, l’aver avuto figli, l’aver allattato, l’impiego di contraccettivi estroprogestinici (pillola).