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Piccolo non significa meno pericoloso, quando si parla di tumore al seno. Secondo lo studio Mindact, le dimensioni di un carcinoma mammario non sono necessariamente correlate alla sua aggressività.
Il test genomico
Lo studio si è servito del test genomico MammaPrint per selezionare da un grande campione iniziale le pazienti ritenute ad alto rischio di recidive o metastasi. Sottoposto a un gruppo di 826 donne accomunate da tumore al seno primario di piccole dimensioni (inferiori a 1 centimetro), il test ha analizzato un gruppo di 70 specifici geni tumorali, proprio con lo scopo di identificare i tumori più aggressivi. A distanza di cinque anni dall’inizio delle terapie, lo studio ha mostrato che circa il 24% delle pazienti, proprio quelle considerate ad alto rischio dall’analisi genomica, ha tratto beneficio dalla chemioterapia, mostrando alti tassi di sopravvivenza libera da metastasi. A testimoniare che i criteri clinici, quali le dimensioni della massa tumorale, non sono sempre sufficienti.
Biologia e genetica per una diagnosi più accurata
Lo studio Mindact ha dunque dimostrato che per le donne affette da un tumore al seno non è importante solo la dimensione, ma anche la sua biologia. Inoltre, ha fornito un’ulteriore prova a sostegno dei test genomici, strumento sempre più utilizzato per riuscire a prevedere il futuro comportamento del tumore in corso e per definire un piano terapeutico il più possibile personalizzato.
Più casi di guarigione
Nelle donne un tumore maligno su tre è mammario: come conferma il rapporto Aiom-Airtum 2017 sui numeri del cancro in Italia, non considerando i carcinomi cutanei, il tumore al seno è la neoplasia più diagnosticata nelle donne e quelli della mammella rappresentano il tumore più frequentemente diagnosticato tra le donne nelle fasce d’età 0-49 anni (41%), 50-69 anni (35%) e sopra i 70 anni (22%). Sebbene la sua incidenza non accenni a ridursi, la mortalità associata è in diminuzione negli ultimi anni.