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I raggi solari contro il coronavirus, ora è provato scientificamente. L’esposizione ai raggi solari insieme alla vaccinazione potrebbero rappresentare un mix vincente per battere il coronavirus e le malattie che provoca. A dirlo è Mario Clerici, docente di immunologia dell’università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi, che ha studiato a lungo la capacità dei raggi solari di uccidere i virus, tra cui Sars-CoV-2. Ma non solo.
Da pochi secondi a un minuto
Una nuova ricerca, per ora pubblicata in pre-print, cioè non ancora revisionata e in attesa di essere pubblicata su riviste scientifiche, che ha coinvolto anche l’Istituto dei tumori e l’ospedale Sacco di Milano, conclude che il tempo necessario ai raggi ultravioletti (UvA-UvB-UvC) per disattivare Sars -CoV-2 è di meno un minuto o pochi secondi se il virus è presente in quantità moderate. «In spiaggia, con il riverbero dell’acqua, il tempo di disattivazione diminuisce ulteriormente del 20-30%» spiega Clerici.
Non solo UvC
«L’anno scorso abbiamo valutato in uno studio scientifico la capacità dei raggi UvC di uccidere Sars-CoV-2 e ora possiamo dire lo stesso dei raggi UvA e UvB che raggiungono la superficie terrestre », spiega sempre il dottor Clerici.
I raggi UvC, potenzialmente pericolosi per l’uomo, non arrivano sulla Terra perché sono filtrati dallo strato di ozono e sono creati in modo artificiale con lampade speciali proprio per uccidere i virus. L’esperimento è stato ripetuto con i raggi UvA (responsabili dell’invecchiamento cutaneo) e con i raggi UvB (responsabili della tintarella). «In pratica, dunque, le goccioline che possono essere emesse da un eventuale soggetto positivo vengono colpite dai raggi solari e la carica virale è disattivata in pochissimo tempo. Quindi, con le dovute cautele le lampade a raggi UvA e UvB potrebbero essere montate in luoghi pubblici, magari accese a intermittenza senza colpire direttamente i presenti».
Anche con quantità elevate di virus
Durante l’esperimento è stata considerata una quantità di virus molto più alta di quella presente in soggetti malati di Covid. Poi è stata utilizzata una dose equivalente a quella presente nell’espettorato di un paziente Covid grave per vedere se poteva esserci una potenziale importanza clinica. Infine, sono state messe cellule polmonari in piastra irrorate con il virus. Il virus che era stato prima sottoposto attraverso lampade a raggi Uv-A o Uv-B non è stato in grado di infettare le cellule ed è stato ucciso sempre entro il minuto.
L’estate aiuta
Questi risultati potrebbero spiegare il ruolo dell’irradiazione solare nella disinfezione delle superfici esterne e contribuire a spiegare la stagionalità del virus. In uno studio precedente era già stato dimostrato il collegamento tra irraggiamento solare e epidemiologia di Covid-19. Gli astrofisici dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) avevano raccolto dati sulla quantità di raggi solari in 260 Paesi, dal 15 gennaio a fine maggio 2020. «La corrispondenza con l’andamento dell’epidemia di Sars-CoV-2 è risultata quasi perfetta: minore è la quantità di UvA e UvB, maggiore è il numero di infezioni – dice Clerici- e ora questo dato è confermato dal nuovo studio. Per cui se l’anno scorso l’estate è andata bene perché tanti raggi solari annientano il virus, quest’anno si aggiunge l’arma dei vaccini anti-Covid e c’è quindi possibilità di dare una importante frenata all’epidemia».
Fonti / Bibliografia
- https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.05.28.21257989v1.full.pdf
- UV-C irradiation is highly effective in inactivating and inhibiting SARS-CoV-2 replication | medRxivmedRxiv - The Preprint Server for Health Sciences