L’aria inquinata uccide, anche tramite infarto e arresto cardiaco

Stefania Lupi A cura di Stefania Lupi Pubblicato il 30/12/2021 Aggiornato il 30/12/2021

L’inquinamento causa danni non solo ai polmoni ma anche al cuore e all’apparato circolatorio, favorendo infarti e arresti cardiaci. Uno studio italiano ha cominciato a capire il perché

L’aria inquinata uccide, anche tramite infarto e arresto cardiaco

L’inquinamento dell’aria è nocivo, lo si sa da tempo. Ma se è noto che la riduzione dell’aspettativa di vita può essere legata ad un aumento di malattie dell’apparato respiratorio, meno chiari sono i meccanismi che legano l’inquinamento atmosferico alle patologie cardiovascolari, e in particolare al rischio di infarto miocardico e di arresto cardiaco.

Oggi però uno studio italiano condotto dalla cardiologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e pubblicato JACC Cardiovascular Imaging  ha individuato alcuni di questi meccanismi, in particolare l’associazione tra i livelli di esposizione alle polveri fini (PM2,5) e la presenza di placche aterosclerotiche più infiammate ed aggressive, cioè pronte a causare un infarto per rottura di placca.

Uno studio tutto italiano

“La nostra ricerca – spiega il primo autore dello studio, il dottor Rocco A. Montone, cardiologo interventista e di terapia intensiva cardiologica, presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – ha preso in esame 126 pazienti con infarto miocardico, sottoposti ad Optical Coherence Tomography (OCT), un’indagine con un microscopio che permette di visualizzare le placche coronariche dall’interno dei vasi”.

Le caratteristiche delle placche rilevate all’OCT sono state quindi correlate con la precedente esposizione, per due anni, a vari inquinanti ambientali (PM2,5, PM10, monossido di carbonio), rilevati dai dati delle centraline di rilevamento della qualità dell’aria, collocate vicino alle case dei pazienti. 

Indagate le polveri sottili

 “Questo studio – prosegue il dottor Montone – ha dimostrato per la prima volta che i pazienti che respirano a lungo aria inquinata, in particolare il particolato fine, che penetra in profondità nei polmoni (PM2,5) soprattutto respirando dalla bocca, presentano placche aterosclerotiche coronariche più predisposte alla rottura (sono più ricche di colesterolo e hanno un cappuccio fibroso più sottile). Nei soggetti esposti ad elevati livelli di PM2,5, il fattore scatenante dell’infarto, risulta essere più spesso la rottura della placca aterosclerotica; le loro placche appaiono più ‘infiammate’ ed è presente anche un maggior livello di infiammazione testimoniato dall’aumento dei livelli di proteina C reattiva (PCR) nel sangue”.

Si studiano terapie mirate preventive

“L’importanza di questi risultati ribadisce l’importanza di adottare comportamenti individuali e politiche volte a contenere l’inquinamento dell’aria. Non solo. Una migliore comprensione dei meccanismi patogenetici alla base degli infarti correlati all’esposizione all’aria inquinata, potrebbe aprire la strada a terapie mirate, volte a minimizzare gli effetti negativi dell’inquinamento” conclude il dottor Montone .

Attenzione anche all’infiammazione

“Negli ultimi anni – commenta il professor Filippo Crea, direttore UOC di Cardiologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, ordinario di Malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università Cattolica ed editor in chief di European Heart Journal – diversi studi hanno suggerito che l’inquinamento ambientale contribuisca ad aumentare il rischio di eventi cardiovascolari. La nostra ricerca ci permette di compiere un passo in avanti nella comprensione dei meccanismi patogenetici che legano l’inquinamento ambientale all’aumentato rischio di infarto miocardico. In particolare, dimostra che un ruolo cruciale è svolto ancora una volta da un’aumentata risposta infiammatoria sia a livello di placca coronarica, che sistemica”.

 

 
 
 

BUONE NOTIZIE

Secondo l’Oms, ogni anno nel mondo sono almeno 4,2 milioni i decessi causati dall’inquinamento. Per questo ha ridotto recentemente i limiti delle sostanze inquinanti con nuove linee guida. In particolare, indica la necessità di dimezzare il valore limite del particolato, il PM 2,5, considerato accettabile per l’esposizione media annuale di un individuo; e il biossido di azoto, inquinante rilasciato dai veicoli diesel, per il quale l’indicazione di esposizione annuale è stata ridotta da 40 a 10 microgrammi per metro cubo.

Fonti / Bibliografia

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