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L’impiego di idrossiclorochina per contrastare il coronavirus è un tema molto discusso in questi mesi. In alcuni casi, il farmaco è stato utilizzato, ma i suoi effetti non sono ancora così chiari da poter porre fine al dibattito. Per provare a fugare ogni dubbio, l’Agenzia italiana del Farmaco (Aifa) ha approvato il più grande studio italiano sul personale sanitario che, entro l’anno, aiuterà a valutare se l’utilizzo dell’idrossiclorochina prima di un eventuale esposizione al virus permetta di ridurre le probabilità di contagio.
Uno studio mondiale con 800 medici italiani volontari
Lo studio su idrossiclorochina e coronavirus avrà respiro internazionale e prenderà in esame 40mila operatori sanitari tra Asia, Africa ed Europa, interessando circa cento ospedali in tutto il mondo. Promossa dall’Università di Oxford e coordinata dall’Unità di Ricerca in malattie tropicali dell’Università di Mahidol (Bangkok), la ricerca avrà come centro di riferimento italiano l’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, in provincia di Verona, in collaborazione con l’ospedale Careggi di Firenze. Nel nostro Paese saranno ben 800 i medici e gli infermieri volontari che si sottoporranno alla sperimentazione.
No al fai-da-te
Sottolineando i rischi che si corrono con un utilizzo fai-da-te di idrossiclorochina, Dora Buonfrate, coordinatrice della ricerca e medico infettivologo del Dipartimento di Malattie infettive e tropicali del Don Calabria, ricorda come si debba distinguere l’idrossiclorochina dalla clorochina. Quest’ultima è, infatti, un antimalarico con un ampia storia alle spalle. L’idrossiclorochina è invece un suo analogo, utilizzato comunemente per contrastare malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide e il lupus etitematoso.
Un campione ad hoc fatto di medici e infermieri
Idrossiclorochina e clorochina sono state già impiegate nella lotta al coronavirus, ma gli studi a riguardo sono pochi e i risultati sui pazienti ancora poco tangibili. Per questo motivo, sottolinea la Buonfrate, il maxistudio sarà fondamentale per valutare esattamente gli effetti dell’idroclorochina sul contagio da coronavirus. Specie se i risultati dovessero arrivare prima che si riesca ad avere un vaccino. Inoltre, il personale sanitario, essendo la fetta di popolazione più esposta al rischio, rappresenta il campione ideale.
Come si svolgerà lo studio
Il campione verrà suddiviso in due gruppi. Al primo gruppo, una volta al giorno per tre mesi, verrà somministrata una compressa di idrossiclorochina. Al secondo verrà invece fornito un semplice placebo. Ogni volontario terrà su una app un diario sanitario con i valori chiave per la ricerca. Saranno poi eseguiti test di monitoraggio: tramite tampone orofaringeo, in caso di sintomi da coronavirus; con prelievi del sangue, per verificare l’insorgere dell’infezione. Al termine della sperimentazione, verranno messi a confronto i tassi di infezione tra i due gruppi, così da avere ben chiara l’efficacia dell’idrossiclorochina nel prevenire il contagio o nel mitigare l’aggressività dell’infezione.