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Ogni anno in Italia il 60% delle richieste ai medici di base è legato a dolori cronici. Si spiegano anche così i dieci milioni di accessi annui al Pronto soccorso per curare il dolore. L’Italia è tra le pochissime nazioni che mette a disposizione dei pazienti una normativa pensata ad hoc per garantire ai cittadini il diritto a non soffrire. Si tratta della legge 38/2010, pensata a tutela di chi soffre di dolore cronico per permettere l’accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative, in quella che è chiamata terapia del dolore.
Mal di schiena, mal di testa e coliche
Come illustrato dal professore di Medicina Interna e Presidente del Centro studi medicina avanzata (Cesmav), Gian Franco Gensini, il 78% degli accessi al Pronto soccorso per dolori cronici è dovuto al mal di schiena. Seguono le cefalee, con il 16% dei casi, e le coliche renali, che si assestano al 5%. A ciò occorre sommare il cosiddetto dolore iatrogeno. Quest’ultimo, derivato dai quasi cinque milioni di interventi chirurgici eseguiti in Italia ogni anno, è un dolore prevedibile e controllabile, ma pur sempre molto fastidioso. Tra i fattori di rischio che provocano condizioni di dolore cronico, troviamo gli incidenti stradali, gli infortuni sul lavoro, gli incidenti domestici, ma anche patologie cardiovascolari acute e tumori.
Quando il dolore diventa patologia
Dietro al dolore c’è in ogni caso sempre qualcosa che non va, spesso una patologia. Quando però il dolore diviene esso stesso una patologia, è importante ricorrere alla terapia del dolore che, attraverso farmaci, chirurgia e interventi cognitivi e comportamentali, ha lo scopo di limitare il disagio, ridurre la sofferenza ed evitare quei processi debilitativi che andrebbero a minare pesantemente la qualità della vita del paziente. A soffrire di dolori cronici è ben il 20% degli italiani. Un dato rilevante e che merita tutte le attenzioni del caso.
Il diritto di sapere
In tal senso, la legge 38/2012 pone basi importanti, ma è necessario che medici e pazienti siano consapevoli delle possibilità a loro disposizione. Come spiega Raffalla Pannuti, Presidente della Fondazione Ant, che da oltre quarant’anni si impegna a fornire cure palliative a domicilio, le persone devono essere informate sull’esistenza del diritto a non soffrire e, d’altro canto, il personale medico deve saper trattare i dolori cronici nel modo più appropriato. Perché, rimarca la dottoressa Pannuti, è importante umanizzare le cure, incentivare il dialogo tra medico e paziente per curare prima di tutto la persona e non solo la malattia.
Attenzione alle fasce più deboli
Dello stesso parere Giuseppe Civardi, rappresentate di Fadoi, società in prima linea nella lotta al dolore cronico, che spiega come ben la metà degli ultra 65enni sia oggi costretta a convivere con il dolore. Inoltre, aggiunge Civardi, occorre monitorare le fasce più deboli della popolazione: le donne, così come le persone obese e quelle a basso livello di scolarizzazione sono tra le più a rischio. Per questo motivo, attraverso corsi di formazione e aggiornamento, Fadoi s’impegna a istruire a tutti i livelli il personale sanitario alla terapia del dolore.
Fonti / Bibliografia
- Gazzetta Ufficiale
- CESMAV | Centro Studi Medicina Avanzata
- Fondazione ANT Italia OnlusAssistenza medico specialistica a casa dei malati di tumore e prevenzione oncologica gratuite. L’eubiosia è dignità della vita
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