Convulsioni febbrili nei bambini: come si manifestano, cosa fare, quando preoccuparsi

Alberta Mascherpa A cura di Alberta Mascherpa Pubblicato il 31/01/2025 Aggiornato il 31/01/2025

Si presentano in genere quando la febbre supera i 38°. Possono risolversi spontaneamente, senza strascichi di nessun genere ma è sempre bene avvertire il pediatra soprattutto se il bimbo ha meno di 18 mesi. Ce ne parla la pediatra Govoni.

convulsioni febbrili

Le convulsioni febbrili sono un evento critico piuttosto frequente in età pediatrica. Si manifestano in genere quando la febbre supera i 38° anche se non esiste certezza sul grado di temperatura sufficiente a provocare una crisi. Nella maggior parte dei casi si tratti di eventi benigni che si risolvono spontaneamente e che non lasciano strascichi a livello neurologico: è sempre bene in ogni caso avvisare il pediatra perché ci sia una valutazione medica. La pediatra Maria Rita Govoni fornisce alcune indicazioni teoriche e pratiche. 

Che cosa sono 

«Le convulsioni febbrili sono eventi critici, improvvisi, occasionali, che si verificano in presenza di febbre, in genere superiore a 38°C, in bambini sani, tra i 3 mesi e i 5-6 anni, senza precedenti danni cerebrali, con un normale sviluppo evolutivo» spiega la dottoressa Maria Rita Govoni, pediatra presso il Poliambulatorio Medico Odontoiatrico ErreEsse di Ferrara.
 
«Si tratta di episodi di breve durata, per lo più pochi minuti, raramente superiori al quarto d’ora: la febbre è sempre presente e può essere rilevata sia prima che dopo la crisi e generalmente supera i 38° anche se non ci sono certezze sul grado di temperatura sufficiente a provocare la crisi. Ancora non si conosce il meccanismo scatenante ma è stata dimostrata una predisposizione genetica e spesso ci sono altri casi di convulsioni febbrili nei familiari». 

Possono ripetersi

«Nonostante le convulsioni febbrili risultino particolarmente preoccupanti e angoscianti per i genitori e per chiunque assista alle crisi, è importante sapere che si tratta nella maggior parte dei casi di eventi benigni che non causano danni permanenti o disabilità intellettive» spiega la pediatra. «Le convulsioni febbrili rappresentano infatti il problema neurologico più frequente sotto i 6 anni e interessano il 2-4% della popolazione pediatrica. E’ bene sapere inoltre che 1 bambino su 3 che abbia avuto una convulsione febbrile ne avrà un’altra in corso di febbre e questo con maggior probabilità se in famiglia vi sono stati altri casi simili e se il bambino ha meno di un anno al momento del primo episodio». 
 
«Dopo il primo episodio viene prescritto un farmaco a base di Diazepam, in forma di microclisma da somministrare per via rettale, che i familiari dovranno utilizzare per interrompere eventuali crisi convulsive in corso di altri episodi febbrili, se la risoluzione della crisi non avviene entro 2-3 minuti» spiega la pediatra. Il beccuccio del microclisma deve essere inserito nel sederino del bambino e schiacciato per vuotare tutto il contenuto nell’ampolla rettale; i glutei vanno tenuti chiusi per qualche secondo per impedire che il farmaco fuoriesca subito. 

Come si manifestano

Una crisi convulsiva febbrile semplice di solito si presenta con:
  • Perdita di coscienza: il bambino non risponde se chiamato 
  • Irrigidimento del corpo
  • Scosse delle braccia e delle gambe 
  • Sguardo fisso oppure occhi ruotati verso l’alto
  • Talvolta il bimbo può  perdere urine o feci
  • Il respiro può essere un po’ affannato e le labbra possono apparire bluastre. 
«Nella maggioranza dei casi la crisi si risolve spontaneamente in 2-3 minuti. Dopo la crisi il bimbo può apparire un po’ sonnolento» commenta la pediatra. «Va poi tenuto presente che può capitare che la crisi si ripeta nelle 24 ore successive». 

Cosa fare 

Questi i consigli della pediatra: 
  • mantenere la calma e stare accanto al proprio bimbo 
  • allentare quello che indossa, in particolare tutto quanto si trova intorno al collo
  • se il bambino è incosciente metterlo su un fianco per evitare che inali saliva ed eventualmente anche vomito 
  • non cercare in nessun modo di aprire la bocca
  • monitorare con attenzione la durata della crisi
  • non dare nessun tipo di farmaco e non somministrare liquidi al bambino 
  • se la crisi non si risolve spontaneamente in 2-3 minuti e non si tratta del primo episodio somministrare il microclisma di Diazepam 
  • rivolgersi al pediatra o al 118: è sempre bene attivarli, anche se la convulsione si è risolta spontaneamente, perché è importante che ci sia una valutazione medica. 

Quando preoccuparsi

  • Se il bambino ha meno di 18 mesi di età
  • Se la crisi non si risolve con la somministrazione del Diazepam per via rettale
  • Se le crisi sono ripetute e frequenti 
  • Se dopo la crisi si osserva un disturbo dei movimenti o della coscienza 

Cosa è bene sapere 

  • «Una crisi convulsiva febbrile non è la stessa cosa dell’epilessia» spiega la pediatra. «Si tratta di condizioni diverse e solo pochissimi bambini predisposti potranno sviluppare una epilessia».
  • «Il ricovero o l’esecuzione di esami specifici come l’elettroencefalogramma non sono sempre necessari dopo un primo episodio di crisi convulsiva febbrile semplice».«Esistono crisi convulsive febbrili complesse, che possono essere prolungate, cioè durare oltre la mezz’ora, e presentare un quadro clinico diverso: in questi casi è opportuno un approfondimento diagnostico specifico» commenta la pediatra
  • La crisi convulsiva non è una meningite.  
  • «La somministrazione di antipiretici come paracetamolo e ibuprofene oltre la dose necessaria» continua l’esperta «non previene la crisi convulsiva». 
  • Le crisi convulsive febbrili non rappresentano una controindicazione alle vaccinazioni. «Vale il discorso contrario: molte vaccinazioni prevengono malattie febbrili che potrebbero scatenare le convulsioni» conclude la pediatra Govoni. 
 

In breve

Le convulsioni sono eventi critici che si possono presentare quando la febbre supera i 38°.E’ bene che i genitori informino il pediatra di quanto successo, anche se l’episodio convulsivo si è risolto spontaneamente. In alcuni casi specifici è opportuno, infatti, procedere a un approfondimento diagnostico. 

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