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La celiachia è sempre più diffusa. Secondo un nuovo studio italiano presentato durante il convegno annuale dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC), le persone colpite da questa malattia sono quasi un milione, pari al 2% della popolazione: il doppio, dunque, dei casi stimati 20 anni fa, quando si parlava di una prevalenza dell’1% (con circa 600mila individui interessati). È chiaro, dunque, che l’attenzione nei confronti di questa problematica deve crescere ulteriormente.
Più frequente in alcune zone
I dati discussi dagli esperti non hanno evidenziato solo una crescita dei casi di celiachia. Hanno anche rilevato che i più colpiti dalla malattia sono le persone che risiedono in alcune aree metropolitane. Per quali ragioni? Si pensa che la colpa sia di cause ambientali non ancora individuate: ecco perché alcune zone sarebbero più a rischio di altre.
È un’intolleranza al glutine
Il termine celiachia è utilizzato per indicare un’intolleranza alimentare permanente al glutine, un complesso di proteine contenute in alcuni cereali di uso comune, come frumento, orzo e segale. Alla base c’è uno scorretto funzionamento del sistema immunitario. Nelle persone celiache, infatti, il sistema immunitario riconosce il glutine come sostanza estranea per cui quando esso entra nell’intestino, inizia a produrre anticorpi. Questo, alla lunga, porta alla comparsa di una lesione della mucosa che ricopre l’intestino e a un danneggiamento dei villi intestinali, le strutture che permettono l’assorbimento delle sostanze nutritive.
Non sempre causa sintomi caratteristici
Purtroppo la celiachia non è facile da riconoscere. Solo in alcuni casi, infatti, causa sintomi caratteristici, come diarrea cronica, mancanza di appetito, dolori addominali, malassorbimento, ritardo nella crescita (quando colpisce i bambini. In alcune persone, infatti, non si manifesta affatto o si manifesta con disturbi poco specifici che traggono in inganno, tipo afte in bocca, anemia, orticaria, irregolarità mestruali, stanchezza. Il risultato è che, in media, la diagnosi viene posta a distanza di sei anni dalla comparsa dei primi sintomi. Ecco perché gli esperti dell’Aic propongono di effettuare test del sangue mirati su tutte le persone ricoverate in reparti come ginecologia, pediatria, medicina interna, così da individuare i casi che magari resterebbero sotto silenzio a lungo.