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L’aumento di allergie che si sta registrando tra i bambini non sembra avere nulla a che vedere con la troppa igiene, come invece si pensava in passato. Lo sostengono gli esperti intervenuti al recente congresso della Società europea di infettivologia pediatrica.
La teoria igienista
Oggi si calcola che circa un bambino su tre soffra di allergie. Il doppio rispetto a 15 anni fa. In passato, per spiegare questa esplosione di casi tra i bambini venne formulata la “teoria igienista”. In pratica, si ipotizzò che la diminuzione delle infezioni, dovuta a migliori condizioni igieniche, uso di antibiotici e diffusione delle vaccinazioni, spingesse l’organismo ad attivarsi verso sostanze innocue, scatenando le allergie nei bambini.
Nessun legame con le infezioni
Secondo quanto discusso al recente congresso, invece, l’aumento delle allergie non è dovuto alla troppa igiene. Vari studi, infatti, hanno dimostrato che non c’è alcun nesso fra infezioni e malattie allergiche: le probabilità di sviluppare un’allergia sono indipendenti dalla presenza o meno di malattie infettive. Anzi, alcuni studi hanno dimostrato che le infezioni possono favorire lo sviluppo e/o il peggioramento delle allergie.
I fattori predisponenti
Se la troppa igiene non è più sul banco degli imputati, quali sono allora i possibili fattori responsabili? Negli anni sono stati individuati numerosi elementi ambientali potenzialmente legati allo sviluppo di allergie. Per esempio, il basso peso alla nascita, l’esposizione al fumo durante la gravidanza, il non essere stati allattati al seno.
Deve esserci una predisposizione di base
Di base, comunque, deve esserci una predisposizione genetica ad ammalarsi di allergie. Il Dna che si eredita dai genitori pesa per almeno il 70 per cento sulla possibilità di sviluppare la malattia. Se sia la mamma sia il papà sono allergici, le probabilità che anche il figlio lo diventi a sua volta sono molto alte.