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Il 10% degli italiani dichiara di soffrire di allergie o intolleranze alimentari. Ma secondo la Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic), solo il 4,5% degli italiani ne soffrirebbe davvero. Troppi italiani, insomma, si baserebbero su una diagnosi fai-da- te e su esami “farlocchi” non riconosciuti dalla medicina ufficiale. Ecco i consigli del dottor Meregalli, allergologo del Centro medico Santagostino di Milano, per evitare false diagnosi.
No all’autodiagnosi
Escludere dalla dieta farina, lievito, latte o altri cibi perché ritenuti la causa di presunte allergie o intolleranze alimentari, senza una diagnosi medica, ma solo raccogliendo informazioni sul web o confrontandosi con altre persone, è molto pericoloso perché può portare a gravi carenze nutrizionali.
Non confondere allergie e intolleranze alimentari
L’allergia è una reazione avversa mediata dagli anticorpi IgE. Si manifesta subito dopo l’ingestione dell’alimento incriminato ed è sufficiente una dose minima (anche pochi mg) per scatenare reazioni avverse. Viceversa, l’intolleranza si manifesta nel tempo ed è più difficile da diagnosticare. Qualsiasi alimento, in situazioni specifiche, può causare intolleranze.
Tenere un diario alimentare
In caso di dolori addominali, gonfiore, dimagrimento, anemia, prima di eliminare uno o più alimenti, è consigliabile subito rivolgersi a uno specialista come l’allergologo, il nutrizionista o il gastroenterologo. Inoltre, può anche essere utile compilare un diario alimentare segnando l’elenco dei cibi assunti e i sintomi riscontrati.
Evitare gli esami “farlocchi”
Gli unici esami di laboratori validati dalla letteratura internazionale sono il Prick test (test cutaneo) e il Rast (esame ematochimico su un campione di sangue) per le allergie alimentari e alcuni esami per le intolleranze alimentari. Tutti gli altri esami alternativi, dall’esame del capello a quello della forza muscolare, non sono mai stati scientificamente dimostrati e sono del tutto inutili.
Valutare ipotesi stress e colite
Spesso si confonde una forma di colite (che può ridursi seguendo per un certo tempo una dieta povera di legumi e verdure ricche di fibre che causano movimento intestinale) con un’intolleranza alimentare. Anche le reazioni psicosomatiche, che sempre più spesso si manifestano a seguito dello stress, hanno ricadute sull’apparato gastrointestinale.
Variare l’alimentazione
Portare a tavola sempre gli stessi alimenti a seguito di un’autodiagnosi di intolleranza alimentare, escludendone altri, espone a un rischio correlato al fatto che ogni cibo, anche il più sano, è composto da centinaia di molecole, alcune delle quali tossiche. Si rischia così di essere sottoposti sempre alle stesse sostanze nocive, ripetutamente. Non esiste nessun alimento perfetto, tutti i cibi hanno pregi e difetti. Pertanto, l’ideale è variare il più possibile la nostra alimentazione.